Opzione Donna è valida anche nel 2023. Lo strumento che consente alle lavoratrici di ottenere la rendita a 58-59 anni di età e con 35 di contributi versati continua a riscuotere successo, nonostante la penalizzazione che ne deriva.
La pensione, infatti, decorre dopo 12 mesi dalla richiesta (dopo 18 mesi per le autonome) e il calcolo della rendita avviene esclusivamente con sistema contributivo. Ma soprattutto è applicato un coefficiente di trasformazione basso per via dell’età.
Opzione Donna 2023, la penalizzazione
Chi decide di andare in pensione con Opzione Donna, quindi, deve mettere in conto una forte penalizzazione dell’assegno.
Questo taglio deriva sostanzialmente dal sistema di calcolo della pensione che avviene esclusivamente con il metodo contributivo. In pratica, i periodi di lavoro e i versamenti che ricadono nel sistema retributivo (ante 1996) vengono “migrati”. Sono considerati come se fossero avvenuti nel sistema contributivo. Quindi, addio al sistema misto e liquidazione della pensione.
Non solo. Vi è poi da considerare il coefficiente di trasformazione del montante contributivo per Opzione Donna. A 58 anni di età è decisamente più basso rispetto ai 67 anni previsti dalla pensione di vecchiaia. Ed è questo che determina una rendita più bassa.
Quanto si perde di pensione
Tuttavia, a differenza di quanto si racconta, è opportuno precisare che la penalizzazione della pensione con Opzione Donna scaturisce più che altro dall’età in cui si ottiene la rendita. Non è il meccanismo in sé che penalizza le lavoratrici.
Il coefficiente di trasformazione applicato al montante contributivo di una lavoratrice a 58 anni è decisamente più basso di quello applicato a una lavoratrice di 67 anni. Anche se dal 2023 aumenta per effetto del cambiamento della aspettativa di vita. Quindi è l’età del pensionamento che fa diminuire in prospettiva l’importo della pensione.
Si può, così, arrivare a perdere anche il 25% dell’importo previsto per la vecchiaia, ma anche solo il 10%. Dipende tutto da quanti anni si hanno quando si fa domanda di pensione con Opzione Donna. E da quanti contributi si devono migrare dal sistema retributivo.
Col passare del tempo questa migrazione inciderà sempre meno sul calcolo della pensione dato che le lavoratrici avranno sempre meno contributi da migrare. Per assurdo, chi avesse solo un mese di contribuzione da migrare non subirebbe quasi alcuna penalizzazione. Alla fine, tirando le somme, anche con tutte le agevolazioni “teoriche” del caso, lavorare qualche anno più risulta essere sempre la scelta meno penalizzante in termini economici. In termini di tempo e vita, invece, è cosa che ogni lavoratrice valuterà in base ai suoi interessi specifici.