Il prezzo dell’oro è salito questa settimana sopra 1.860 dollari l’oncia, ai massimi da giugno. Resta pur sempre in calo ai 1.900 dollari di inizio anno. Dai minimi recenti toccati agli inizi di agosto, quando la quotazione era scesa sotto 1.720 dollari, il metallo risulta apprezzarsi di oltre l’8%. E per noi europei i rincari sono stati persino superiori. Nel frattempo, infatti, il cambio euro-dollaro si è indebolito di quasi il 3%. In generale, il biglietto verde si è apprezzato del 2% contro le altre principali valute mondiali.
Di solito, oro e dollaro procedono in direzioni opposte. Gli acquirenti non americani tendono a investire meno nel metallo quando il cambio americano si rafforza. Viceversa, quando esso s’indebolisce. In questo caso, sta accadendo che la domanda continui a crescere, pur in presenza del super dollaro. Vediamo come spiegare tale fenomeno.
Oro e rendimenti bond su
Anzitutto, perché si rafforza l’oro e perché il dollaro? In entrambi i casi, alla base c’è l’inflazione. In ascesa presso praticamente tutte le principali economie mondiali, il mercato sta correndo a proteggersi dalla perdita del potere d’acquisto. Nulla di eclatante, specie se si considera che nell’agosto del 2020 le quotazioni dell’oro toccarono i massimi storici a circa 2.036 dollari. L’inflazione americana, in particolare, è salita al 6,2% in ottobre, il dato più alto da novembre 1990. In teoria, una valuta dovrebbe indebolirsi quando i prezzi al consumo volano, ma non se il mercato sconta un rialzo dei tassi vicino.
E’ quanto sta avvenendo negli USA, dove la Federal Reserve ha già iniziato a tagliare gli acquisti dei bond, avviando il “tapering” prima delle altre banche centrali. Ciò sta tenendo i rendimenti americani su livelli ben più alti di quelli europei o giapponesi, con la conseguenza che i capitali si stanno spostando negli USA, rafforzando il dollaro. Ora, poiché i bond sono asset concorrenti dell’oro, la loro maggiore remuneratività dovrebbe colpire e non favorire le quotazioni del metallo.