L’anno nuovo è iniziato da poche settimane e già il rialzo dell’oro sfiora la doppia cifra. Ieri, il metallo è arrivato a prezzare più di 2.880 dollari l’oncia, segnando un ennesimo record storico. Rispetto ai livelli di apertura del 2025, un guadagno del 9,75%. E la cosa che a noi interessa è sapere che lo stesso sta accadendo alle quotazioni in euro: +9% da inizio gennaio ad oggi. Un grammo si acquista a circa 88,75 euro nella giornata odierna.
Ripresa inflazione e paura per dazi
Il rialzo dell’oro è trainato da diversi fattori, tra cui spicca la ripresa dell’inflazione. I prezzi al consumo sono tornati a salire un po’ in tutte le grandi economie, Cina esclusa. Le aspettative d’inflazione si stanno surriscaldando e quelle a cinque anni negli Stati Uniti si aggirano intorno al 2,60%, segnando una lievitazione di oltre lo 0,60% rispetto a quando la Federal Reserve iniziò a tagliare i tassi di interesse nel settembre scorso.
Anche le minacce di dazi dell’amministrazione Trump stanno facendo paura, perché finirebbero per innalzare i costi delle importazioni e rinvigorire le tensioni geopolitiche tra blocchi. Lo stesso metallo risente di tali timori, tant’è che dai caveau della Banca d’Inghilterra a Londra si registrano prelievi record di lingotti. I legittimi proprietari, che sono perlopiù banche centrali, li stanno spostando al COMEX di New York prima che eventualmente il governo americano inizi a sottoporli ai dazi.
Soglia dei 3.000 dollari vicina
Il rialzo dell’oro avvicina il raggiungimento della soglia dei 3.000 dollari. Basterà un ulteriore aumento del 5% per i prezzi dai livelli attuali. Si mantiene sempre forte la domanda delle banche centrali, che anche lo scorso anno ha superato le 1.000 tonnellate.
Trattasi di diversificazione delle riserve valutarie, specie in Asia, per allentare la dipendenza dal dollaro e sui timori per le possibili sanzioni americane nel caso di un confronto geopolitico diretto. L’esempio russo ha impressionato il blocco dei BRICS. Circa 300 miliardi di dollari delle riserve di Mosca sono ad oggi “congelati” e sottratti alla disponibilità della Banca di Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.
Colpisce il fatto che il rialzo dell’oro stia avvenendo contestualmente al “super dollaro”. In genere, tra questi due asset sussiste una correlazione negativa, per cui quando il cambio americano sale/scende, il metallo si deprezza/apprezza. Proprio questo trend sta sostenendo le quotazioni nelle altre valute, facendole tendere ai nuovi record. Se vogliamo, non è poi così insolito. Il dollaro ha guadagnato la media del 35% contro le altre valute mondiali negli ultimi 15 anni e nello stesso periodo il metallo ha segnato una crescita del 155%.
Rialzo oro ancora possibile con dollaro più debole
Certo è che un dollaro più debole sosterrebbe l’ulteriore rialzo dell’oro, rendendolo ancora più appetibile. In primis, perché le quotazioni diverrebbero più economiche per gli investitori non americani. E secondariamente, perché il mercato andrebbe a caccia di un’alternativa al biglietto verde. Una prospettiva al momento improbabile, a meno che l’amministrazione Trump non si metta realmente in testa di perseguire la svalutazione del cambio come fece esattamente 40 anni fa l’amministrazione Reagan con l’Accordo di Plaza.
Altri tempi, stessi problemi.