L’osteoporosi è una malattia che riduce la densità ossea, soprattutto nelle donne, e, pur essendo una malattia degenerativa, non è riconosciuta come una patologia cronica.
L’osteoporosi, in Italia, è riconosciuta come un processo di invecchiamento delle ossa, ma pur essendo un processo fisiologico non vi è possibilità di regresso, dall’osteoporosi non si guarisce e non vi è possibilità di cura, ma non per questo viene riconosciuta come malattia cronica anche se segue lo stesso processo di tutte le malattie croniche e degenerative.
A chi soffre di osteoporosi, quindi, non sono riconosciuti diritti per la patologia in sè e chi vuole sottoporsi a cure che ne rallentino il processo deve pagare di tasca propria le cure.
Osteoporosi: malattia senza diritti?
Il problema principale è che l’osteoporosi di per sè non presenta sintomi evidenti, le ossa perdono densità e si è più esposti a rischio fratture facendo perdere a chi ne soffre la qualità della vita e dell’autonomia.
I malati di osteoporosi, quindi non hanno diritto ad aiuti da parte del sistema sanitario nazionale anche se sono riconosciute delle tutele per le categorie maggiormente a rischio, ovvero i celiaci, chi deve assumere farmaci a base di cortisone a dosi elevate e le donne che entrano in menopausa precocemente (prima di 45 anni) per le quali sono previsti esami diagnostici e farmaci per contrastare la perdita di densità ossea a carico del SSN.