Se c’è una sensazione che accomuna tutti gli italiani, da Nord a Sud, di destra e di sinistra, lavoratori dipendenti e autonomi, del settore privato e del pubblico, è di pagare troppe tasse sui loro redditi. Ed è così, perché a dirlo sono tutti gli indicatori nazionali e internazionali. La pressione fiscale resta da anni compresa tra il 42% e il 43%. Quella effettiva, cioè su coloro che le tasse le pagano per davvero, sale sopra il 54%. Tra le altre cose, i servizi pubblici arrancano da tempo.
Redditi in crescita, ma meno dell’inflazione
Fin qui è tutto vero, ma mettiamoci in testa un fatto: a pagare le tasse sui redditi è una fascia minoritaria di italiana, tolta la quale l’erogazione dei servizi pubblici sarebbe totalmente impossibile per lo stato. Nell’anno d’imposta 2023, con riferimento ai redditi percepiti nel 2022, i contribuenti che hanno presentato una dichiarazione fiscale sono stati più di 42 milioni. In media, hanno denunciato redditi lordi per 22.806 euro. Rispetto al 2021 c’è stato un aumento del 4,7%. Teniamo conto, però, che nel 2022 vi fu un’inflazione dell’8,1%, per cui la variazione in termini reale risulta essere stata del -3,4%.
Pagare le tasse sui redditi in Italia
La distribuzione tra classi di reddito conferma quanto dicevamo a proposito dei pochi che finiscono per pagare le tasse per tutti. Premettiamo che stiamo facendo riferimento all’Irpef, l’imposta sui redditi delle persone fisiche. Essa ha portato ad un gettito di 174 miliardi di euro nel 2023, oltre a 16,7 miliardi con le addizionali comunali e regionali. Si tratta di una voce di entrata assai importante per il nostro impianto fiscale, seppure non l’unica. Vediamo le cifre:
- 17 mln (40,3%) fino a 15.000 euro — 3,2% Irpef — imposta media 367 euro
- 12,3 mln (29,2%) tra 15.000 e 26.000 euro — 15,7% Irpef — imposta media 2.200 euro
- 6,4 mln (15,2%) tra 26.000 e 35.000 euro — 17,8% Irpef — imposta media 4.880 euro
- 4,1 mln (9,8%) tra 35.000 e 55.000 euro — 21,4% Irpef — imposta media 9.040 euro
- 1 mln (2,5%) tra 55.000 e 75.000 euro — 9,8% Irpef — imposta media 16.400 euro
- 0,6 mln (1,4%) tra 75.000 e 120.000 euro —- 8,3% Irpef — imposta media 24.400 euro
- 0,7 mln (1,6%) sopra 120.000 euro — 24% Irpef — imposta media 63.600 euro
Da redditi sopra 35.000 euro quasi i due terzi di gettito Irpef
Come potete notare, il 40,3% dei contribuenti dichiara redditi inferiori ai 15.000 euro e versa allo stato appena il 3,2% del gettito Irpef totale, in media 367 euro a testa.
Questi dati non sono affatto nuovi, anzi registrano persino un lieve incremento rispetto agli anni precedenti. In effetti, scende il numero dei contribuenti con redditi inferiori ai 20.000 euro rispetto al 2021 (-778.000) e sale per tutte le altre fasce di reddito (+1,3 milioni). Una fotografia malsana sul piano sociale e della fedeltà fiscale, che mette in crisi il modello decisionale su basi democratiche. Perché è evidente che da questi dati emerge che una maggioranza di italiani vive sulle spalle di una minoranza. E poiché in democrazia sono proprio le maggioranze ad avere la meglio, c’è il rischio che di questo passo la voce di chi lavora, produce ricchezza e paga le tasse per tutti non conti più nulla e che non resti che espatriare per sottrarsi alla scure fiscale sempre più opprimente.
Differenze tra Nord e Sud
E’ ovvio che non possiamo pretendere che a pagare le tasse siano coloro che percepiscono redditi bassi.
Attenzione, perché lo stesso Settentrione non ne esce benissimo. E’ la Lombardia la regione in cui i contribuenti dichiarano i redditi più alti, ma solamente pari a 26.900 euro. E la provincia di Milano è l’unica a risultare con redditi sopra 30.000 euro. Quindi, persino nel profondo Nord il reddito pro-capite resta intorno ai 2.000 euro lordi al mese. La Calabria chiude la classifica nazionale con appena 16.900 euro. Questo porta alla facile conclusione che a pagare le tasse siano perlopiù le regioni con un tasso di fedeltà fiscale maggiore, le stesse che registrano costanti surplus nel rapporto tra versamenti al fisco e servizi pubblici erogati dallo stato nazionale.
Pagare le tasse roba da minoranza
Finché a pagare le tasse resterà una netta minoranza di contribuenti, nessuna “rivolta fiscale” sarà possibile in Italia, intesa come pretesa dei cittadini di un maggiore equilibrio tra gettito e servizi. C’è una forte percentuale di italiani che lamenta la carenza di servizi, infrastrutture e assistenza, ma che nei fatti ha tutta la convenienza a lasciare che le cose restino così. Non partecipano, se non attraverso le imposte dirette, al mantenimento della baracca e riescono, comunque, a ricevere quel minimo indispensabile dallo stato per barcamenarsi nel quotidiano. Una logica della pura sopravvivenza, che in alcune aree del Sud, in particolare, basta e avanza per premiare la classe politica esistente. E la minoranza paga, senza grosse speranze che la sua voce riesca a superare i decibel dei molto più numerosi nulla-paganti in cerca di prebende statali.