Periodicamente l’Agenzia delle Entrate aggiorna l’elenco dei paradisi fiscali, tecnicamente classificati come Paesi black list. Si tratta di quegli Stati con i quali non vi è scambio di informazioni fiscali e che, da quest’anno, l’Italia uniforma a quelli della Ue.
Negli ultimi anni la lista dei Paesi che non cooperano con l’Italia e con l’Unione Europea si è notevolmente ridotta rispetto al passato al punto che ormai sono rimasti pochi i Paesi che non adottano più scambi automatici di informazioni fiscali.
Pena, il rischio di rimanere tagliati fuori da importanti attività economiche e scambi commerciali. Si veda, ad esempio, la Svizzera, paradiso fiscale per eccellenza fino agli inizi del nuovo secolo, uscito formalmente dalla black list nel 2017.
Paradisi fiscali e Paesi black list
Ebbene, quali restano a oggi gli Stati a fiscalità privilegiata, i così detti paradisi fiscali? L’elenco fornito dall’Unione Europea per il 2021 non è diverso dall’ultimo aggiornamento avvenuto due anni fa.
L’Ue individua 8 Paesi con i quali ancora non sono stati raggiunti accordi di scambio di informazioni fiscali e quindi rimangono ancora esclusi dall’elenco dei Paesi white list. Questi sono:
- Samoa americane;
- Figi;
- Guam;
- Oman;
- Samoa;
- Trinidad e Tobago;
- Isole Vergini degli Stati Uniti;
- Vanuatu.
Cosa significa questo? In pratica poco e nulla, poiché la regolamentazione dell’attività commerciale e fiscale di società e imprese che fanno affari con questi Paesi è demandata ai singoli membri della Ue.
Per l’Italia, fino al 2017 vi era l’obbliga per i titolari di partita iva di inviare una comunicazione preventiva all’Agenzia delle Entrate, ma poi questo obbligo è stato abolito e oggi l’elenco dei Paesi white list ha perso ogni validità ai fini della deducibilità dei costi derivanti dalle transazioni con i Paesi considerati Paradisi Fiscali. Anche perché, tutte le attività commerciali con i Paesi black list sono soggette ordinaria tassazione come per i Paesi white list.
Agenzia delle Entrate e paradisi fiscali
Per l’Italia figurano però altri Paesi appartenenti alla black list e quindi riconducibili a paradisi fiscali per lo svolgimento di alcune attività. Sdi tratta del
- Bahrein, ma sono escluse le società che svolgono nel Paese attività di esplorazione, estrazione e raffinazione nel settore petrolifero;
- Monaco, con esclusione delle società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato.
Altri Paesi black list dell’Italia
Stando poi all’articolo 2 del DM del 23 gennaio 2002, esistono altri Paesi inseriti nella black list dell’Italia, ma per i quali sono dispensate alcune specifiche attività e per i quali si parla di grey list o lista grigia. Questi Paesi sono:
- Angola, con riferimento alle società petrolifere che hanno ottenuto l’esenzione dall’Oil Income Tax, alle società che godono di esenzioni o riduzioni d’imposta in settori fondamentali dell’economia angolana e per gli investimenti previsti dal Foreign Investment Code;
- Antigua, con riferimento alle international business companies, esercenti le loro attività al di fuori del territorio di Antigua, quali quelle di cui all’International Business Corporation Act, n. 28 del 1982 e successive modifiche e integrazioni, nonché con riferimento alle società che producono prodotti autorizzati, quali quelli di cui alla locale legge n. 18 del 1975 e successive modifiche e integrazioni;
- Costarica, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, nonché con riferimento alle società esercenti attività ad alta tecnologia;
- Dominica, con riferimento alle international companies esercenti l’attività all’estero;
- Ecuador, con riferimento alle società operanti nelle Free Trade Zones che beneficiano dell’esenzione dalle imposte sui redditi;
- Giamaica, con riferimento alle società di produzione per l’esportazione che usufruiscono dei benefici fiscali dell’Export Industry Encourage Act e alle società localizzate nei territori individuati dal Jamaica Export Free Zone Act;
- Kenia, con riferimento alle società insediate nelle Export Processing Zones;
- Mauritius, con riferimento alle società “certificate” che si occupano di servizi all’export, espansione industriale, gestione turistica, costruzioni industriali e cliniche e che sono soggette a Corporate Tax in misura ridotta, alle Off-shore Companies e alle International Companies;
- Panama, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, secondo la legislazione di Panama, alle società situate nella Colon Free Zone e alle società operanti nelle Export Processing Zones;
- Portorico, con riferimento alle società esercenti attività bancarie ed alle società previste dal Puerto Rico Tax Incentives Act del 1988 o dal Puerto Rico Tourist Development Act del 1993;
- Svizzera, con riferimento alle società non soggette alle imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e “di domicilio”;
- Uruguay, con riferimento alle società esercenti attività bancarie e alle holding che esercitano esclusivamente attività off-shore.