La passeggiata a Napoli per Elly Schlein avrebbe dovuto sancire l’assunzione della leadership nel Partito Democratico (PD) nella regione più controversa che si ritrova a guidare dopo avere vinto clamorosamente le primarie di febbraio. Il governatore Vincenzo De Luca la detesta al punto da avere definito “atti di delinquenza politica” quelli a suo avviso compiuti dal Nazareno a proposito delle ultime nomine nazionali. I rapporti tra i due sono inesistenti, nel senso che non ci sono stati proprio mai.
Svolta a sinistra crea malumori
Dalla città partenopea ha attaccato l’autonomia differenziata a cui punta particolarmente la Lega, sostenendo che serve unire il Paese, anziché rischiare di dividerlo ancora di più. Nelle ultime settimane, Schlein ha alzato i toni anche sul salario minimo, bocciato in Parlamento dal centro-destra. E’ stato il tema sul quale ha trovato una convergenza affatto scontata con altri partiti delle opposizioni, cioè Sinistra-Verdi, Movimento 5 Stelle e Azione. E’ rimasta fuori Italia Viva di Matteo Renzi, che punta a marcare l’area più moderata del centro, magari nella speranza di prendersi i voti in possibile uscita da Forza Italia dopo la morte di Silvio Berlusconi.
Fatto sta che la svolta a sinistra della segretaria avrebbe dovuto creare maggiori malumori al Nord nel PD. Essa minaccia quei consensi conquistati nell’ultimo decennio a colpi di centrismo proprio sulla politica economica. Le distanze con il mondo delle partite IVA, ad un certo punto, sembrarono essersi molto ridotte, specie quando al timone del Nazareno vi era Renzi. Anche nel governo giallo-rosso il PD recitò la parte del partito più sensibile agli interessi del ceto medio, pur in una coalizione che certo non gli fu amica.
PD al Sud contesta nuovo corso di Schlein
Questa eredità Schlein intende smantellarla per rimpiazzarla con un ritorno alla sinistra vecchia maniera, la più rassicurante (per la base) “tassa e spendi”.
Ciliegina sulla torta: Michele Emiliano. Il governatore della Puglia non ha ad oggi attaccato così drasticamente Schlein, ma ha fatto presente che nella regione che guida da otto anni il PD prende il 19% ed egli ha vinto con il 47%. E ha di recente aggiunto sibillino che “di questo a Roma qualcuno non si rende conto”. Pur essendo da tempo un sostenitore dell’alleanza con i 5 Stelle, Emiliano non sembra convinto del nuovo corso romano. Ha persino rivendicato la sua amicizia “da anni” con la premier Giorgia Meloni. In politichese si tratta di un messaggio ben preciso inviato ai vertici capitolini: di strada da fare ne avete tanta.
Diritti civili e migranti disco rotto
Il PD nel Centro-Sud governa ormai in sole due regioni: Campania e Puglia. Che i rispettivi governatori non vedano bene Schlein, è un problema. Significa che non ritengono proficua la strategia adottata in termini di consenso. E se non funziona nel Meridione, dove sono erogati i due terzi del reddito di cittadinanza e i salari sono bassi, cosa ne sarà del Nord? Il punto è che forse la campagna sui diritti civili e a favore dell’immigrazione solleva dubbi sul ritorno elettorale anche a sinistra.
Schlein avversata anche al Nord
In realtà, nel Centro-Nord le tensioni non sono da meno. Si stanno coagulando attorno alla figura di Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna. Pur avendo perso le primarie, resta il principale avversario interno di Schlein. A lui e alla sua visione più moderata guardano con speranza coloro che temono che la segretaria porterà il PD nel burrone. Lo ha dichiarato esplicitamente Riccardo Illy, già governatore del Friuli-Venezia-Giulia per il centro-sinistra. Intervistato dal Corriere della Sera, ha definito Schlein “una iattura per il PD e Giorgia Meloni”. Ritiene che il Nazareno perderà tanto consenso e che ciò farà male allo stesso governo, in quanto si ritroverà un’opposizione debole e finirà per dibattere al suo interno.
Nei primi mesi dal suo insediamento, Schlein poteva perlomeno confidare sui sondaggi positivi. L’effetto novità aveva fatto risalire la china al PD. Ora che è svanito e che le sconfitte elettorali alle amministrative hanno segnalato i rischi di questa svolta iper-progressista, ecco che i consensi hanno smesso di crescere e, anzi, hanno persino ripiegato rispetto ai massimi toccati nella tarda primavera. La vera partita per la segretaria si giocherà tra meno di un anno alle elezioni europee. Il rischio è che ci arrivi in una condizione di irrilevanza politica, tra crescenti distinguo dei suoi stessi parlamentari su argomenti chiave come la maternità surrogata e la questione migranti. A furia di inseguire le minoranze per ridare colore a un partito malato di governismo, lo sta trasformando in un movimento liberal slegato dal contesto socio-culturale ed economico.