Intervenendo al Congresso nella giornata di ieri, il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, ha lasciato tutti di stucco con affermazioni molto più “hawkish” del previsto. Egli ha dichiarato che l’inflazione americana non può considerarsi più solo “transitoria”, avvertendo che i tassi d’interesse saranno alzati verosimilmente prima del previsto. Immediata la reazione dei rendimenti americani, con le scadenze brevi a salire e quelle lunghe persino a scendere lievemente.
Mentre scriviamo, il Treasury a 2 anni offre lo 0,61% e quello a 10 anni l’1,50%.
Rendimenti americani e aspettative sull’economia USA
Adesso, il mercato si aspetta che il primo rialzo dei tassi USA avverrà già a maggio per lo 0,25%, anziché a giugno, come si prevedeva prima del discorso di Powell. E, soprattutto, sconta tre rialzi dei tassi da 0,25% ciascuno entro la fine del 2022. Erano due fino a l’altro ieri. Viene da chiedersi cosa abbia spinto il governatore a cambiare piani così repentinamente. Probabile che abbia influito il dato sull’inflazione USA al 6,2% di ottobre, il più alto dal novembre del 1990. Continuare a ripetere che si tratti di un fenomeno transitorio avrebbe eroso la credibilità della prima banca centrale del mondo.
D’altra parte, è intervenuto un fatto non secondario nei giorni passati. Powell è stato riconfermato alla guida della FED da parte del presidente Joe Biden e probabilmente adesso si sente più sereno nel dettare l’agenda monetaria senza preoccuparsi troppo delle ripercussioni politiche.