Parlamentari e vitalizi: quanto vale la pensione della casta dopo 5 anni di mandato

Con l’arrivo delle elezioni e la fine della legislatura maturano le pensioni anche per centinaia di parlamentari. A quanto ammonta la rendita e quando scatta.
2 anni fa
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Per quasi mille parlamentari sta per scadere il mandato di rappresentanza. Con la fine anticipata della legislatura molti deputati e senatori torneranno alla vita normale lasciandosi alle spalle quasi 5 anni di esperienza politica.

Molti parlamentari non saranno rieletti, anche e soprattutto per effetto del taglio delle poltrone. Un terzo di posti in meno da occupare e spesa pubblica di conseguenza ridotta. Ma poco male, per loro sta per arrivare una ricca pensione.

A quanto ammonta la pensione dei parlamentari

Ma quanto vale il vitalizio dei parlamentari? Come noto, le rendite di deputati e senatori sono fra le più alte d’Europa.

L’assegno è commisurato alla durata del mandato (minimo 5 anni) e allo stipendio che raggiunge i 17.000 euro al mese fra indennità, diarie e rimborsi vari.

Ne consegue che la pensione dei parlamentari, dopo soli 5 anni di legislatura, si aggira mediamente intorno ai 1.500 euro mensili lordi. Ma se si è rieletti per due o più volte in Parlamento, l’importo della pensione raddoppia o triplica. E scende anche l’età pensionabile.

Privilegi duri a morire

Dal 2012, cioè da quando sono stati soppressi i vitalizi, le pensioni dei parlamentari sono calcolate come per la generalità dei lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione. Sono liquidate col sistema contributivo, ad eccezione di chi può far vantare periodi di mandato anteriori al 2012 per i quali è corrisposto ancora il vitalizio.

Pertanto, da questo punto di vista, nulla è regalato dallo Stato. I contributi versati dai parlamentari sono commisurati alle indennità percepite su cui sono calcolati i contributi e che viaggiano mediamente sui 10.400 euro al mese.

Ma il problema, se vogliamo, sta proprio qui. Gli stipendi dei parlamentari sono esagerati in relazione non solo ai tempi che corrono, ma anche agli emolumenti riconosciuti ai colleghi europei. Non esiste in Europa un deputato o senatore che “guadagni” tanto come un parlamentare italiano.

Deteniamo, in questo senso, un primato, come quello del debito pubblico che non ha eguali in tutta Europa.

Il taglio della casta

Se a ciò si aggiunge che lo Stato italiano deve pagare numericamente un numero di pensioni maggiori per i parlamentari rispetto ai colleghi europei, viene da sé che un taglio ai seggi oltre che agli stipendi si è reso necessario. Per rispetto di chi lavora e la pensione fatica a maturarla.

La legge costituzionale n. 1 del 19 ottobre 2020 ha previsto la riduzione del numero dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200. Questa legge entrerà in vigore con la formazione della prossima legislatura.

Nulla cambierà però dal punto di vista pensionistico. Per questo servirà una riforma a tutto campo del sistema che coinvolga anche i rappresentanti che godranno ancora dei privilegi a loro riservati. Privilegi che non riguardano solo l’ammontare della pensione, ma soprattutto la durata della stessa.

Parlamentari italiani, in pensione a 60 anni

Il privilegio più discusso della casta dei parlamentari è infatti l’età pensionabile. I parlamentari maturano il diritto ad andare in pensione a 65 anni. Il che rappresenta pure un limite perché se hanno ricoperto la funzione di senatore o deputato per più di una volta nella loro carriera, l’età si abbassa fino a 60 anni.

Più precisamente, per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico diminuisce di un anno sino al minimo inderogabile di 60 anni. Il che pone i parlamentari in una situazione decisamente privilegiata rispetto alla generalità dei lavoratori.

Ricordiamo che il requisito minimo dei parlamentari per accedere alla pensione è quello di aver svolto il mandato per almeno 4 anni, 6 mesi e 1 giorno. Cosa che riguarda soprattutto onorevoli e senatori di prima nomina. Giacché per gli eletti il requisito risulti pienamente soddisfatto.

Ebbene, questa volta – per esempio – tale requisito è stato soddisfatto per un soffio.

Sarà, infatti, raggiunto il 24 settembre 2022, esattamente un giorno prima della data delle elezioni nazionali dopo lo scioglimento di Camera e Senato da parte del Capo dello Stato.

A parte questo, per ottenere la piena quota di pensione prevista per i 5 anni di legislatura ogni deputato e senatore di prima nomina dovrà versare i contributi rimanenti di tasca propria. Si tratta di versamenti volontari per i restanti 6 mesi riscattabili.

La pensione del parlamentare, così maturata, sarà liquidata per un importo di circa 1.500 euro lordi mensili. Importo commisurato con il monte contributivo accumulato che è pari a circa 50.000 euro per 5 anni di attività.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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