Lo sprint sulle pensioni non sarà cosa prossima. Come ampiamente annunciato, le principali novità saranno demandate al 2025. Con l’adeguamento dei termini di pensionamento che, per l’anno che verrà, sarà lo stesso di quello in corso.
In pensione si andrà dunque con gli attuali strumenti di anticipo. A cominciare da Quota 103, confermata grazie anche ai discreti risultati raggiunti, e dalla parallela Ape Sociale. Qualche discussione in più potrebbe riguardare Opzione Donna ma difficilmente il Governo metterà al bando un meccanismo destinato in forma esclusiva alle lavoratrici (sia pur con qualche restrizione).
In questo senso, le discussioni restano animate. Nel chiaro tentativo di incastonare nel campo delle ipotesi anche degli strumenti fin qui soltanto sfiorati nell’ambito del dibattito previdenziale. Un esempio riguarda il cosiddetto pre-pensionamento part-time, una sorta di accompagnamento al trattamento effettivo che, a quanto pare, sarebbe tra le ipotesi in campo per la ridefinizione dell’intero comparto. L’obiettivo è quello del risparmio rispetto a una serie di strumenti pensionistici che, al momento, superano di gran lunga (nei costi) il complesso degli stipendi erogati. Per questo si inizia a sbirciare anche tra i modelli esteri, al fine di trovare qualche espediente utile da affiancare a quelli già rodati. E i Paesi scandinavi appaiono come un esempio virtuoso.
Pensione part-time, come funziona il modello scandinavo (e perché potrebbe essere utile)
Uno scalino pensionistico esiste già. A discrezione delle aziende, è possibile accedere a una pensione anticipata in versione “ridotta”.
In tal modo, pur dovendo necessariamente aspettare i 67 anni per la pensione effettiva, si eviterebbero i ricalcoli resi necessari dai tagli previsti dai meccanismi di anticipo, inclusa Quota 103, che pare essere riconfermata. È chiaro che, a fronte di un pensionamento de facto ancora in corso d’opera (ossia durante l’attività lavorativa), il turno di lavoro sarebbe ridotto a un part-time. Un aspetto limitante, soprattutto per le piccole imprese, a meno di non affiancare al trattamento delle agevolazioni sulle nuove assunzioni.
Il modello nordico
L’idea del passaggio generazionale sembra aver funzionato in Paesi come la Svezia e la Norvegia, dove il part-time è sperimentato già da tempo. Accanto a una riduzione progressiva dell’orario di lavoro, il dipendente andrà man mano a percepire un trattamento pensionistico anticipato. E ciò fino al compimento dell’età necessaria alla pensione di vecchiaia. In questo caso, però, il ricambio generazionale favorisce l’approssimarsi al sistema previdenziale. Anche perché il lavoratore continuerebbe a garantire perlomeno il 50% delle ore ordinarie. Anche potendo richiedere una riduzione minore delle ore di lavoro (ad esempio del 10%). Il suo orario sarebbe quindi rimodulato in base alle esigenze aziendali, inserendo magari alle stesse condizioni una nuova risorsa.
Riassumendo
- Nell’ambito delle discussioni sul tema pensioni, emerge l’ipotesi del part-time sul modello nordico;
- i lavoratori, in Svezia e Norvegia, possono utilizzare una pensione parziale, riducendo progressivamente l’orario di lavoro;
- in Italia, il sistema potrebbe essere penalizzato dalle difficoltà delle piccole e medie imprese.