Quali tasse si pagano quando si apre una partita IVA: differenze tra imposte sui redditi e contributi previdenziali

Non tutti coloro che hanno partita IVA conoscono la sostanziale differenza tra tasse, imposte sul reddito e contributi previdenziali
2 anni fa
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partita iva

Per chi decide di mettersi in proprio e, quindi, aprire partita IVA, c’è da fare i conti con le tasse, le imposte ed i contributi previdenziali da pagare durante la vita dell’impresa o dell’attività professionale che si decide di svolgere.

Si tratta di tre voci che incidono più di tutte sul bilancio dell’attività e con delle differenze sostanziali l’una dall’altra che non tutti conoscono.

Le tasse sono quelle pagate a fronte di servizi pubblici ricevuti.

Rientrano in questa voce, ad esempio, la Tari (la tassa su rifiuti), la tassa per l’occupazione del suolo pubblico (c.d. Tosap), ecc.

Le imposte sono quelle pagate perché si produce un reddito o un guadagno. Sono esempio di imposte quelle pagate sul redditi (quindi, IRPEF, IRES, IRAP), l’imposta sul valore aggiunto (IVA), l’IMU (che colpisce gli immobili), ecc. Servono a sostenere il costo dei servizi generali a carico dello Stato (ad esempio la sanità pubblica).

Infine, i contributi previdenziali, sono quelli dovuti per la propria posizione previdenziale che bisogna crearsi quando si apre partita IVA. Ci riferiamo, ad esempio, ai contributi da pagare alla gestione artigiani e commercianti dell’INPS oppure quelli da pagare alla cassa professionale di appartenenza (avvocati, commercialisti, ecc.).

Partita IVA, spese fisse da sostenere

L’apertura della partita IVA non comporta di per se costi particolari. Se si ha dimestichezza con il fisco e con pratiche telematiche ci si può anche cimentare da soli in questo adempimento. Altrimenti ci si rivolge ad un consulente (in genere un commercialista) il quale, comunque, per il servizio reso chiederà un onorario.

E’ importante scegliere il regime fiscale in cui svolgere la propria attività Da questo dipende anche poi il regime di tassazione che sarà applicato sul reddito dell’impresa o dell’attività autonoma esercitata. Chi agisce in regime forfettario, ad esempio, paga un imposta sostitutiva molto più bassa rispetto a chi, invece, paga l’IRPEF nel regime ordinario.

Detto, ciò, è poi l’effettivo esercizio dell’attività d’impresa o professionale che porta con sé il sostenimento di spese fisse e ciò indipendentemente dal regime fiscale adottato. Si tratta ad esempio di:

  • pagare i contributi INPS fissi sul minimale reddituale (se si è iscritti alla Gestione artigiani e commercianti)
  • versare i contributi alla cassa previdenziale obbligatoria se trattasi di professionisti
  • versare il diritto camerale annuale (se iscritti al Registro imprese)
  • pagare il commercialista per eventuali consulenze e, comunque, per gli adempimenti obbligatori
  • sostenere le normali spese di gestione (utenze, affitto, ecc.)
  • pagare le retribuzioni se ci si avvale di dipendenti e collaboratori
  • liquidare le imposte sul reddito
  • ecc.

Differenza tra imposte e tasse

Già in premessa, abbiamo detto qual è la prima e sostanziale differenza tra tasse e imposte. La distinzione, per chi ha partita IVA, tuttavia, non si limita solo alla finalità per cui questi tributi sono pagati, ma anche e soprattutto alla deducibilità dal reddito dell’attività.

Poter dedurre un costo o una spesa per chi ha partita IVA è importante. Infatti, deduzione è sinonimo di reddito più basso e, quindi di imposte sul reddito da pagare più basse.

Dedurre significa sottrare le spese all’entrate (ricavi).

Mentre, infatti, le tasse pagate da una partita IVA sono, in genere, deducibili dal reddito dell’attività, le imposte su reddito non sono deducibili. In altri termini, mentre, ad esempio, la Tari pagata dall’impresa per il locale in cui svolge l’attività è deducibile dal reddito dell’attività stessa, le imposte sul reddito, invece, non sono deducibili.

La non deducibilità delle imposte è espressamene prevista dall’art. 99 TUIR comma 1, dove è detto che:

Le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione.

Le altre imposte sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento.

I contributi previdenziali per la partita IVA

I contributi previdenziali, invece, sono quelli pagati all’ente previdenziale di appartenenza. Sono quelli che poi dovrebbero garantire la pensione in vecchiaia. Parliamo, quindi, dei contributi obbligatori che si pagano

  • all’INPS
  • oppure ad altra cassa previdenziale di appartenenza.

A differenza dell’imposta sul reddito, rappresentano a tutti gli effetti un costo deducibile dal reddito dell’attività.

Dobbiamo però ricordare anche una cosa fondamentale. Chi ha partita IVA ed agisce in regime forfettario non può dedurre dal reddito dell’attività nessun tipo di spesa (nemmeno le tasse). L’unica cosa che può dedurre sono solo i contributi previdenziali obbligatori. Lo prevede espressamente la legge.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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