In un clima e scenario di incertezza macroeconomica torna lo spettro di una nuova patrimoniale 2021, che prevede l’applicazione di un’imposta che colpisce i patrimoni.
Patrimoniale 2021: torna l’incubo dell’imposta che colpisce i patrimoni
In un contesto di incertezza economica la Patrimoniale 2021 è una nuova imposta che colpisce il patrimonio mobile e immobile di persone fisiche o giuridiche, detenuti in Italia o all’estero.
Il Governo Conte starebbe valutando la possibilità di introdurre una nuova imposta patrimoniale, che non graverebbe sui redditi da lavoro, ma sul patrimonio immobiliare (case, box auto, capannoni) e su quello mobiliare (preziosi, conti correnti e strumenti finanziari).
L’applicazione della Patrimoniale 2021 autorizzerebbe il Governo a mettere le mani nelle tasche dei contribuenti e a prelevare una parte delle ricchezze dei risparmiatori.
Patrimoniale 2021: come funziona?
La Patrimoniale 2021 si calcola sulla disponibilità di ricchezza del soggetto risparmiatore, il patrimonio accumulato su un arco temporale di medio-lungo periodo.
L’imposta applicata può essere fissa o variabile:
- fissa, se viene versata indistintamente da tutti i contribuenti per lo stesso importo;
- variabile, se varia in funzione del patrimonio dei contribuenti con una franchigia.
L’imposta può essere:
- reale, se colpisce una sola componente della ricchezza del contribuente;
- una tantum, se applicata una sola volta e senza alcuna periodicità;
- soggettiva, se colpisce tutta la ricchezza del contribuente (patrimonio mobiliare e immobiliare);
- periodica, quando viene versata con cadenza regolare.
Si tratta di un’imposta e non di una tassa, in quanto viene versata per far fronte a particolari esigenze dello Stato.
Patrimoniale, la storia
La Patrimoniale non nasce per rispondere all’emergenza pandemica ma vanta una storia molto più lunga.
In Italia la prima imposta patrimoniale della storia risale al 1992: fu il Governo di Giuliano Amato ad autorizzarla con il Decreto Legge 11 luglio 1992.
«Per l’anno 1992 è istituita una imposta straordinaria sull’ammontare dei depositi bancari, postali e presso istituti e sezioni per il credito a medio termine, conti correnti, depositi a risparmio e a termine, certificati di deposito, libretti e buoni fruttiferi, da chiunque detenuti»,
recita il testo del Decreto Legge dell’11 luglio 1992, n. 333 “Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica”.
La lira era zavorrata da elevati tassi di interesse e da un cambio valutario forte: gli imprenditori non riuscivano a ottenere credito e perdevano terreno sul fronte delle esportazioni.
Il debito pubblico aveva sfondato la soglia psicologica e critica del 100% nel rapporto col Pil, per questo la patrimoniale si rivelò la sola strada possibile.
La manovra Amato si sostanziò in un prelievo del 6 per mille sui conti correnti, patrimoniale, fine dell’equo-canone nei contratti di locazione, aumento dell’età pensionabile a 65 anni e detassazione degli utili reinvestiti.