Paura pensioni: si deciderà a fine anno e la colpa non è della guerra ma delle elezioni

I lavori sulla riforma pensioni rallentano, il governo prende tempo in attesa di schiarimenti sul fronte politico. La crisi ucraina è solo una scusa.
3 anni fa
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Riforma pensioni 2023 in secondo piano rispetto a fermare la guerra, quale destino per i 3 tavoli tematici?
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Sulle pensioni il dibattito fra governo e parti sociali sembra essersi arenato. Sullo sfondo serpeggia la crisi in Ucraina che drena attenzioni, ma è anche una scusa per non affrontare il problema rinviano la discussione a tempi migliori.

Si dirà che il governo vuole vederci chiaro e avere tutti i dati statistici sottomano prima di intraprendere una riforma pensioni che dovrà essere duratura nel tempo. Intanto, però il tempo passa e i lavoratori restano nell’incertezza.

Riforma pensioni in attesa delle esigenze della politica

Il fatto è che a livello politico nessuno vuole assumersi la responsabilità di decisioni che potrebbero penalizzare gli uni piuttosto che gli altri.

Soprattutto a meno di un anno dalle elezioni per il rinnovo della legislatura.

I sindacati, come noto, chiedono per tutti la possibilità della pensione anticipata a 62 anni o, in alternativa, con 41 anni di contributi versati. Con la fine di quota 100, tanti lavoratori sono rimasti tagliati fuori dall’uscita anticipata e ora si trovano a dover attendere tempi lunghi per la pensione.

Insomma, con l’introduzione di quota 100 sono stati agevolati molti lavoratori, mentre con la sua fine ne sono stati penalizzati altri. Intanto il settore privato può continuare a beneficare degli scivoli fino a 5 anni (per i bancari addirittura sette).

Uscita a 64 anni per tutti, ma con penalizzazione

In altre parole, qualunque cosa si farà per la riforma pensioni rischia ora di creare più danni che benefici. Perché le intenzioni del governo sono quelle di alzare l’età di uscita. Già si è visto con quota 102 che si punta a 64 anni (con 38 di contributi).

Evidentemente Draghi ha intenzione di riportare il più possibile a ridosso dei requisiti Fornero il pensionamento anticipato. E per farlo punta a penalizzare chi chiede la pensione prima del tempo. L’idea che trapela dal Ministero del Lavoro è infatti quella di concedere sì l’uscita anticipata a 64 anni, ma col ricalcolo contributivo della pensione.

Cosa significa questo? Vuol dire che i lavoratori subirebbero una penalizzazione più o meno pesante della rendita in base a quanti anni di lavoro sono stati svolti prima del 1996 (sistema di calcolo retributivo).

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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