I pensionati sono il bancomat dello stato o viceversa?

I pensionati guardano con preoccupazione alla possibile proroga del taglio della perequazione per gli assegni medio-alti.
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2 mesi fa
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Pensionati bancomat dello stato?
Pensionati bancomat dello stato? © Licenza Creative Commons

C’è una notizia che circola da alcuni giorni tra le redazioni dei giornali e che potrebbe rivelarsi vera: il governo Meloni starebbe ipotizzando un nuovo taglio delle pensioni. I sindacati sono tutti sul piede di guerra e hanno avvertito l’esecutivo che non resteranno a guardare. Non è possibile, spiegano, che i pensionati fungano sempre da bancomat per lo stato, al fine di far quadrare i conti pubblici. Qual è l’ipotesi con il varo della prossima legge di Bilancio? Il taglio della perequazione degli assegni sopra le quattro volte il trattamento minimo potrebbe essere prorogato.

Era stato introdotto alla fine del 2022 per il biennio 2023-2024. Ha esitato già 10 miliardi di euro di risparmi e nell’arco di un decennio arriveranno a 61 miliardi lordi, pari a 36,8 miliardi netti.

Pensionati colpiti per assegni medio-alti

Per capire di cosa parliamo, dobbiamo spiegare come avvengono ogni anno gli aumenti in favore dei pensionati italiani. Essi sono legati al tasso d’inflazione dell’anno precedente. Il recupero del potere di acquisto è pieno per gli assegni di importo medio-basso, mentre si riduce con l’aumentare dell’importo mensile percepito. Con la legge di Bilancio del 2023, il governo Meloni ridusse la perequazione sopra le quattro volte l’importo minimo. Tra le quattro e le cinque volte l’adeguamento per il biennio in corso è stato pari all’85% dell’inflazione, scendendo al 53% per le 5-6 volte e fino al 22% sopra le dieci volte.

Ad essere stati colpiti sono stati i pensionati con assegni superiori ai 2.300 euro lordi nel 2022, chiaramente in misura crescente con gli importi percepiti. Altra novità introdotta con la manovra di due anni fa riguarda il fatto che il minore adeguamento di fascia in fascia riguarda l’intero importo e non solo per la parte eccedente la fascia più bassa. Un’operazione resasi necessaria per non fare esplodere i conti dell’Inps negli anni di alta inflazione.

Questa è stata dell’8,1% nel 2022 e del 5,6% nel 2023. Per l’anno prossimo è attesa in forte calo all’1,5%.

Risparmi per 1 miliardo nel 2025 con proroga del taglio

Una volta scaduto il taglio della perequazione, gli importi sopra le quattro volte il trattamento minimo verrebbero adeguati in misura decisamente maggiore all’inflazione. In ogni caso, non recupererebbero le perdite accusate in passato, dato che gli importi resterebbero inferiori a quelli che sarebbero stati in assenza del taglio. I risparmi per lo stato ci saranno comunque. Con la proroga, invece, il governo intende aumentarli di 1 miliardo di euro per il solo 2025. E ci sarebbe un ulteriore effetto di trascinamento positivo per i conti pubblici negli anni futuri.

Hanno ragione i pensionati a pensare di essere diventati il bancomat per lo stato, un tappabuchi per ogni evenienza? In Italia abbiamo un problema di percezione assai distorta. Sembra che abbiamo il sistema previdenziale più misero d’Europa, mentre è vero il contrario. Gli assegni risultano in media più generosi che altrove, spesso erogati in assenza di o con pochi contributi versati. E l’età pensionabile effettiva è ancora ben inferiore ai 67 anni ufficiali. In pratica, mandiamo i lavoratori in pensione prima e con assegni più alti di quelli che percepirebbero all’estero, a parità di contribuzione.

Pensioni welfare informale

Non c’è nulla di sbagliato in sé in questa che a tutti gli effetti si mostra essere una scelta di politica economica e assistenziale. Lo stato italiano ha deciso nell’ultimo mezzo secolo di puntare sui pensionati per creare un welfare informale incentrato sulla loro figura. Rispecchiava la fisionomia sociale italiana post-bellica: famiglie con genitori e nonni da accudire in casa o alla porta accanto. In cambio la pensione del nonno serviva e serve ancora oggi per mantenere figli e nipoti in difficoltà, magari senza lavoro.

Tralasciamo la giustezza di questa impostazione. Il dato che più ci interessa è che la spesa in favore dei pensionati oggi assorbe il 15-16% del Pil, qualcosa come sui 330 miliardi di euro. E’ attesa salire fino al picco del 17% al 2070. Non esiste alcuna voce di spesa più alta per il bilancio dello stato. Per quanto possa sembrare antipatico dirlo, quando si cerca di risparmiare qualche miliardo, è quasi impossibile sfuggire alla tentazione di rivedere i conti della previdenza. Anche perché le cose non stanno come molti pensionati e i loro rappresentanti lamentano.

Lavoratori rimasti indietro

Negli ultimi decenni, il loro potere di acquisto è stato sostanzialmente tutelato, grazie agli automatismi legali. I lavoratori non possono affermare altrettanto. Hanno visto diminuire i loro stipendi in termini reali, a causa di una crescita inferiore all’inflazione. Negli ultimi tre anni il trend negativo per loro ha subito un’accelerazione, a causa del boom dell’inflazione. C’è qualcosa di male se un governo ritiene che possa prelevare qualche miliardo dai pensionati più fortunati per distribuirlo in favore di chi lavora, produce e tira la carretta per tutti?

La principale obiezione a questa domanda è la seguente: le pensioni non sono un regalo, bensì il frutto dei contributi versati. Verissimo, ma non per tutti. Il metodo retributivo, con cui ancora risulta essere stato calcolato l’assegno per la stragrande maggioranza degli attuali pensionati, non legava l’importo percepito ai contributi. E’ stato molto più generoso del metodo contributivo con cui andranno in pensione in futuro gli attuali lavoratori. Molti (non tutti) di coloro che sbraitano di essere il bancomat dello stato, hanno al contrario ottenuto benefici considerati persino privilegi insostenibili alla lunga. Sono andati in pensione anche a 50 anni (o meno) per percepire assegni da nababbi, avendo versato quattro spiccioli all’Inps.

Alcuni pensionati ancora privilegiati

Vedersi aumentata la pensione meno di quanto ci si aspettasse non è bello per nessuno. Prima di inveire contro lo stato ladrone, tuttavia, sarebbe il caso che alcuni pensionati si mettessero la mano sulla coscienza e si chiedessero se davvero sia così stolta l’idea di offrire il proprio contributo per accrescere le risorse a disposizione di chi lavora (c’è il taglio del cuneo fiscale da rifinanziare e magari estendere), essendo titolari di quelli che il resto della popolazione non esiterebbe a definire “privilegi”.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

7 Comments

  1. Andate a guardare quanto versano molti lavoratori del cosiddetto e anche tanto umiliato ceto medio, e poi trovatela voi la corrispondenza tra l’assegno pensionistico che spetta a questi, con quella che viene data a coloro che non hanno versato altro che briciole per aver lavorato a nero. E cerchiamo quindi di legare la lingua facile o la penna troppo veloce al cervello.
    In Italia avanza troppo la demagogia della solidarietà, che non viene pagata dallo Stato, ma dai soliti fessi che hanno pagato salati contributi per almeno 43 anni.

  2. Credo che sia profondamente ingiusto,diminuire il potere di acquisto a chi ,si è avvalso delle leggi in vigore all’atto del pensionamento.no a leggi retroattive,che penalizzano il tenore di vita di chi,non ha più facoltà di tornare indietro.

  3. Vorrei aggiungere alla e mail precedente:
    Io non mi sento un privilegiato,dato che ho versato 42 anni e 10 mesi di alte trattenute contributive,alle quali ho sommato altri due anni di collaborazione,post pensione,nella stessa azienda siderurgica,per assicurare a me alla mia famiglia un reddito dignitoso,che nessuno ha.il diritto di erodere,con questi mancati adeguamenti antinflazionistici.
    Distinti saluti

  4. Buongiorno.
    Vorrei ritirarmi dal lavoro.
    La pensione INPS non mi interessa. É brutta.
    Non vi dico quanti anni ho, neppure gli anni di contributi.
    Invece vi dico che pago 27.000 euro ogni anno all’INPS e ho un montante contributivo vicino a 1 milione di Euro.
    Ridatemeli. Sono miei. Subito, domani.
    Pagheró le tasse su questa somma, aliquota del TFR.
    Compro 4 monolocali in centro.
    Gli affitto in modo regolare.
    Vivo di rendita con gli affitti. Pago le tasse sugli affitti.
    Ridatemeli. Sono miei! Li ho versati. Cosa ne avete fatto del mio milione!!!!

    Grazie.

    • Il problema è che il milione se lo sono scoppiato. Non bisognerebbe averglielo dato.

      Sarebbe facilissimo se:
      – l’assistenza, fosse a carico della fiscalità generale, e non dell’Inps
      – la previdenza fosse obbligatoria, ma personale. Come chi guida un’auto, ti devi assicurare. Fino a 65 anni quei soldi NON LI VEDI, e sono obbligatoriamente investiti in un etf azionario (fino a 45 anni), bilanciato (46-55), obbligazionario (56+). Ma sono TUOI.

      Molti, ma molti piu soldi nelle tasche dei pensionati. Meno spese di carrozzone INPS.

      Ah, giusto, l’idea è talmente evidente che mi sembra strano di essere il primo a esporla… chiedo scusa a chi dovesse averla pensata per primo…

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