Se a livello internazionale si disputassero i Giochi Olimpici per il terrorismo mediatico, l’Italia vincerebbe contemporaneamente oro, argento e bronzo. La qualità dell’informazione domestica è quella che è. Mettiamoci anche una certa emotività insita nel nostro dna e otteniamo risultati di autofustigazione oltre ogni ragionevole dubbio. Questa è stata, ad esempio, l’estate del “i giovani di oggi andranno in pensione a 70 anni“. Peggio: “i giovani di oggi non vedranno forse mai la pensione” e via discorrendo. Cosa c’è di vero?
Pensione a 70 anni dopo numerose riforme
Il sistema previdenziale italiano è allo scatafascio da almeno una trentina di anni.
Quando era evidente che avremmo rischiato il crac finanziario – siamo agli inizi degli anni Novanta – iniziò l’implementazione di diverse riforme. Gli assegni divennero meno generosi, l’età pensionabile fu allungata per uomini e donne e con estremo gradualismo si passò da un sistema retributivo a uno contributivo. In parole povere, siamo passati dal “prendi in base agli anni di servizio” al “prendi in base a quanto hai versato”. Un cambio epocale, persino di mentalità. La legge Fornero del 2011 non intervenne su questi aspetti, si limitò ad accelerare l’attuazione di alcune parti e di allungare l’età pensionabile delle lavoratrici nel settore privato a 67 anni. Tutto maledettamente necessario, alla luce anche degli squilibri demografici: si vive più a lungo e si fanno meno figli.
Giovani di oggi generazione più fortunata di sempre
Fino al 2028 l’età pensionabile resterà ufficialmente di 67 anni. Dopodiché, se la longevità media rilevata dall’Istat si sarà allungata, come tutti speriamo, aumenterà di un mese. E così via negli anni successivi. E dovremmo augurarci che sia così. Significherebbe che staremo ancora più in salute di oggi, che le cure mediche funzionino sempre di più e che, alla faccia di chi ci vuole male, campiamo tanto. Invece, la stampa italiana dà vita a un ridicolo e patetico piagnisteo. I giovani di oggi andranno in pensione a 70 anni? Eh, certo! Pensate che chi oggi abbia 20 o 30 anni stia vivendo la stessa esistenza di chi sempre oggi ne ha 70 o 80?
Non c’è mai stata un’era della nostra storia in cui abbiamo vissuto così bene, con tutti i comfort e il benessere immaginabili (e ce ne saranno di più in futuro) e con la minima fatica possibile. Siamo arrivati al punto di poterci permettere di snobbare i lavori faticosi, optando per quelli intellettivi e fisicamente poco stressanti. Se in casa avete album di famiglia, guardate le foto dei vostri avi quando avevano la vostra età. Resterete sorpresi di quanto sembrassero più anziani di voi. E indipendentemente dai lavori svolti. L’alimentazione non era ricca e salutare come oggi.
Terrorismo mediatico interessato
Dire che i giovani di oggi andranno in pensione a 70 anni dovrebbe essere una non notizia. Già i 70 anni di oggi probabilmente corrisponderanno ai 60 di 30-40 anni. Immaginate se i settantenni nel 2050 saranno gli stessi di oggi. E allora perché tanto terrorismo mediatico? C’è tutto l’interesse a spargere pessimismo sul futuro dei pensionati. Da parte di chi? Evidentemente, di quelle parti che lucrerebbero dalla paura.
Per essere chiari, la previdenza integrativa serve come l’aria in Italia. E non è solo un problema socio-demografico. Da sempre noi italiani abbiamo la tendenza a scaricare sul settore pubblico i nostri problemi, anche quando esistono margini per cavarcela da soli, ovviamente accantonando le risorse nel momento giusto delle nostre vite. Viviamo in un’area sismica? Quanti di noi si coprono dal rischio con una polizza casa? E parliamo di coloro che ne avrebbero la possibilità economica. Salvo maledire lo stato italiano, quando dopo anni e anni dal verificarsi di un evento avverso non si è mostrato capace di risistemarci le abitazioni.
Stipendi e occupazione bassi in Italia
Il problema è un altro. Il terrorismo mediatico sarebbe condizioni eventualmente necessaria, ma non sufficiente per spingere gli italiani verso la previdenza integrativa. I numeri parlano da soli. Gli iscritti a un fondo pensione sono solamente 9,6 milioni nel Bel Paese, a fronte di quasi 24 milioni di lavoratori. E quelli che effettivamente versano i premi durante l’anno sono ancora di meno. Tra i giovani sotto i 35 anni, poi, il tasso di copertura crolla ulteriormente. Disinteresse? Non proprio. Avete sentito parlare mai di stipendi bassi? E’ il principale problema che affligge le famiglie. Senza quattrini, hai voglia a spiegare che devi farti una polizza per la vecchiaia. I soldi non ci sono.
D’altra parte, nella fascia di età tra 15 e 24 anni lavora in Italia meno di un quarto della popolazione contro più del 37% in media nell’Unione Europea. L’occupazione resta bassa nel nostro Paese e ciò non crea le premesse per guardare alla previdenza integrativa. Infine, sfatiamo un altro falso mito: i giovani di oggi prenderanno assegni troppo bassi. Non è vero. Il tasso di sostituzione, che misura l’importo del primo assegno rispetto all’ultima retribuzione, ha sfiorato l’80% negli anni passati contro meno del 70% in stati come la Germania.
Pensione a 70 anni, lavori gravosi grosso problema
Questo non significa che il problema delle basse pensioni non esisterà. Poiché gli stipendi sono bassi e le carriere lavorative spesso discontinue, anche gli assegni lo saranno, sebbene in termini percentuali risulteranno ancora superiori alla media europea. Ma la politica dovrebbe interessarsi a rilanciare la produttività con annessa occupazione, anziché contribuire al terrorismo mediatico. Limitarsi a prospettare la pensione a 70 anni nella speranza che la paura induca i più ad aderire a un fondo pensione, risulta invano. Il rischio è che questa inerzia dei governi impedisca nei prossimi decenni di anticipare l’età pensionabile a favore di categorie che svolgono lavori faticosi. E quelli sì che malediranno lo stato da un ponteggio o un campo agricolo.