Il sistema pensionistico italiano è un sistema abbastanza particolare, perché se è vero che da un lato consente il pensionamento solo a determinate condizioni, lascia campo a discrete alternative. Si va in pensione raggiungendo una determinata soglia anagrafica e una altrettanta determinata soglia contributiva. Ma è anche vero che a volte permette il pensionamento in deroga ai requisiti ordinari. Basti pensare alle misure di pensionamento collegate alla tipologia di attività lavorativa svolta. Parliamo dei lavori gravosi e dei lavori usuranti.
In genere però anche in questi casi avere carriere minime nell’ordine dei vent’anni di contributi come prevede la pensione di vecchiaia ordinaria, non è sufficiente.
“Gentile redazione, vorrei capire cosa posso fare per poter andare in pensione con 35 anni di contributi versati. Premetto che non ho mai fatto lavori particolarmente pesanti a tal punto che credo di non rientrare tra usuranti e gravosi. Secondo voi ho alternative?”
Con 35 anni in pensione come usuranti?
Lo scivolo usuranti è probabilmente la misura più favorevole tra quelle che hanno nella tipologia di lavoro svolto uno dei requisiti fondamentali. Effettivamente con lo scivolo in regime usuranti si può andare in pensione prima di aver compiuti i 62 anni di età e cioè già a 61 anni e 7 mesi. E’ bene dire, però, che la misura prevede una finestra di 12 mesi e quindi la decorrenza del trattamento è spostata a 62 anni e sette mesi. Inoltre servono come dicevamo 35 anni di contributi versati. E la maggior parte di questi contributi devono essere versati svolgendo un’attività considerata usurante.
Effettivamente lo scivolo usuranti prevede che tale attività sia stata svolta per la metà della vita lavorativa o in sette degli ultimi dieci anni di carriera.
Prima 35 anni erano abbastanza per la pensione a 60 anni di età
Trentacinque anni di carriera una volta erano quelli sufficienti per rientrare nella quota 96. Si tratta di una delle versioni di pensione anticipata precedenti la riforma Fornero. In effetti, prima dell’avvento della ormai tristemente nota riforma delle pensioni di Elsa Fornero, si andava in pensione con 40 anni di contributi versati senza limiti anagrafici. Oppure con 35 anni di contributi versati arrivando a 60 anni di età e contestualmente completando la quota 96. Una misura di questo genere oggi non esiste più. E chi raggiunge 35 anni di carriera non può che optare per alcune particolari misure molto limitate come platea.
Per esempio 35 anni di contributi versati possono bastare al disoccupato, all’invalido o al caregiver per rientrare nei benefici dell’Ape sociale. Oppure possono bastare alle donne per la nuova Opzione Donna. Sempre rispettando la categoria di appartenenza e con età di uscita commisurata ai figli avuti durante la vita.