Pensione a 63 anni con 20 anni di contributi: l’esperimento del 2019 conferma che si può

L'APE volontario ha permesso di andare in pensione a 63 anni, offrendo flessibilità senza gravare sulle casse statali
2 settimane fa
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Negli ultimi anni, il tema delle pensioni ha visto l’introduzione e la successiva sospensione di diverse misure. Alcune di queste quali offrivano una maggiore flessibilità in uscita dal mondo del lavoro. Una delle più interessanti è stata l’APE volontario, una soluzione che, sebbene vantaggiosa per molti lavoratori, è rimasta in vigore solo per il 2019. Questa opzione consentiva ai cittadini di andare in pensione a 63 anni con un minimo di 20 anni di contributi. Il tutto, senza gravare sulle casse dello Stato.

Andando più nel dettaglio, l’APE volontario era un meccanismo che permetteva ai lavoratori di anticipare il proprio pensionamento attraverso un prestito bancario, garantito dalla futura pensione. Al raggiungimento dei 63 anni di età, coloro che avevano accumulato almeno 20 anni di contributo potevano richiedere un finanziamento. Quest’ultimo serviva per coprire i quattro anni mancanti al raggiungimento dei 67 anni, l’età della pensione di vecchiaia. L’importo ricevuto durante questi anni venne poi restituito con trattenute mensili sulla pensione una volta raggiunta l’età pensionabile effettiva.

Pensione a 63 anni: non è APE sociale

Da non confondere con APE sociale, la particolarità di questa misura risiedeva nel fatto che non comportava costi per lo Stato, in quanto era il pensionato stesso a sostenere il costo dell’anticipo tramite il prestito. In altre parole, lo Stato non si faceva carico di oneri aggiuntivi per consentire al lavoratore di accedere in anticipo al trattamento pensionistico.

Il cuore del sistema dell’APE volontario (pensione a 63 anni) era il prestito bancario che garantiva al lavoratore un reddito anticipato fino al raggiungimento dei 67 anni. Al momento del pensionamento, il pensionato iniziava a restituire il prestito attraverso piccole trattenute sulla pensione, in modo che l’impatto economico fosse diluito nel tempo. Questo meccanismo assicurava che, pur accedendo alla pensione con quattro anni di anticipo, il lavoratore non si trovasse in una situazione di svantaggio economico irreparabile.

Solo un anno di vita

Considerando che è stato in vigore solo per il 2019, ne consegue che il prestito è terminato nel 2023. Vale a dire, l’anno in cui chi ha sfruttato detta strada ha compiuto 67 anni.

L’anticipo di pensione veniva quindi sostenuto interamente dal lavoratore stesso, senza costi per lo Stato o l’INPS. Questa caratteristica rende l’APE volontario (pensione a 63 anni) una misura sostenibile, ma forse proprio per questo motivo non ha riscosso un’ampia popolarità né una lunga durata. Dopo essere stato introdotto, è stato applicato solo nel 2019 e, senza ulteriori proroghe, è stato rapidamente accantonato.

Pensione a 63 anni: i vantaggi per i lavoratori

Uno dei principali vantaggi dell’APE volontario era la possibilità di accedere alla pensione a 63 anni, molto prima rispetto all’età pensionabile standard. Per molti lavoratori, questo rappresentava una vera e propria boccata d’ossigeno, soprattutto per chi si trovava in situazioni lavorative difficili o logoranti. Oppure per chi, ad esempio, si trovava in stato di disoccupazione. Inoltre, il fatto che fosse una misura a costo zero per lo Stato la rendeva particolarmente interessante in un contesto di bilanci pubblici sempre più stringenti.

Questa forma di flessibilità in uscita, pur comportando un sacrificio economico per il lavoratore, permetteva comunque di avere un reddito stabile durante i quattro anni di anticipo. I lavoratori potevano quindi pianificare con maggiore tranquillità la transizione dal lavoro alla pensione, evitando di trovarsi improvvisamente senza entrate.

Perché l’APE volontario non è stato prorogato

Nonostante i benefici che l’APE volontario offriva andando in pensione a 63 anni, la misura non è stata prorogata oltre il 2019. Una delle principali ragioni potrebbe essere legata alla complessità burocratica e finanziaria del meccanismo, che richiedeva l’intermediazione delle banche e la stipula di un contratto di prestito . Questo processo non era necessariamente alla portata di tutti, e molti lavoratori potrebbero aver trovato difficile o poco conveniente accedere a questa forma di anticipo pensionistico.

Inoltre, il fatto che il costo dell’anticipo fosse interamente a carico del pensionato potrebbe aver scoraggiato molti lavoratori, soprattutto quelli con pensioni più basse, per i quali l’onere della restituzione del prestito sarebbe stato troppo gravoso.

Pensione a 63 anni con APE volontaria: possibile ritorno nel 2025?

Con l’avvicinarsi della legge di bilancio 2025, ed in vista della possibile riforma pensioni, si potrebbe pensare alla possibilità di reintrodurre misure simili all’APE volontario per offrire ai lavoratori una maggiore flessibilità nell’accesso alla pensione. In un contesto in cui l’età pensionabile continua a salire, il ritorno di un meccanismo che consentirebbe di andare in pensione a 63 anni potrebbe rappresentare un’importante opportunità per molti.

Se l’APE volontario dovesse essere riproposto, è auspicabile che vengano introdotte alcune modifiche per renderlo più accessibile e conveniente. Ad esempio, la possibilità di accedere a tassi di interesse più favorevoli per il prestito o la semplificazione delle procedure burocratiche potrebbe incentivare un maggior numero di lavoratori a usufruire di questa misura.

Le implicazioni positive del ritorno dell’APE volontario

Il ritorno dell’APE volontario potrebbe avere diverse implicazioni positive per i futuri pensionati. In primo luogo, permetterebbe a chi si trova in situazioni lavorative particolarmente difficili da lasciare il lavoro prima, senza dover attendere i 67 anni. Questo sarebbe un vantaggio notevole per chi, ad esempio, svolge mansioni faticose o per chi vive in condizioni di salute non ottimali, ovvero attraversa periodo di disoccupazione, ma negli anni ha accumulato i 20 anni di contributi.

Inoltre, la possibilità di pianificare con maggiore certezza il proprio percorso pensionistico, sapendo di poter contare su una misura di anticipo di pensione a 63 anni, aiuterebbe i lavoratori a fare scelte più consapevoli e mirate per il futuro. Anche per l’economia generale, una maggiore flessibilità nell’accesso alla pensione potrebbe rappresentare un fattore positivo, contribuendo a un ricambio generazionale più veloce e a una migliore gestione del mercato del lavoro.

Riassumendo

  • L’APE volontario permetteva di andare in pensione a 63 anni senza costi statali.
  • Il meccanismo si basava su un prestito bancario da restituire tramite trattenute sulla pensione.
  • L’APE offriva flessibilità per lavoratori con almeno 20 anni di contributi.
  • La misura era vantaggiosa ma non è stata prorogata dopo il 2019.
  • Si potrebbe pensare di reintrodurre l’APE volontario nella legge di bilancio 2025.
  • Il ritorno dell’APE offrirebbe flessibilità pensionistica per lavoratori in condizioni difficili.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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