Ci sono misure e strumenti pensionistici che sono scaduti e non esistono più. E poi ce ne sono altrettanti che scadranno a fine anno. Ma a prescindere dalla tipologia di misura, pensione o strumento, una cosa da sottolineare è che la maturazione del diritto alla pensione mentre una misura è attiva e funziona, non viene meno solo perché la misura cessa di avere validità. Questo però solo nella stragrande maggioranza dei casi perché c’è una misura che viene reputata flessibile e quindi opzionale per i lavoratori, ma che invece non lo è e non lascia scelta allo stesso lavoratore.
“Gentili esperti, completo i 63 anni di età e i 30 anni di contributi a settembre 2023. In pratica raggiungo i requisiti minimi per la pensione con l’Ape sociale. Posso accedervi in quanto caregiver di mia suocera che vive con me e mia moglie da inizio 2023. Sfrutto anche i benefici della legge 104 e, pertanto, ho i 6 mesi di assistenza a mia suocera che credo servano per l’accesso all’Ape sociale. Ma avevo intenzione di rimandare al 2024 il pensionamento. Volevo lavorare fino a prima dell’estate 2024. Dal momento che ho maturato età e contributi nel 2023, posso rimandare l’uscita o perdo il diritto alla pensione se il Governo non conferma anche nel 2024 l’Ape sociale?”
Cristallizzazione del diritto alla pensione, di cosa si tratta?
Per cristallizzazione del diritto alla pensione si fa riferimento a quello strumento pensionistico che prevede come al raggiungimento dei requisiti della pensione, l’interessato conserva il diritto alla pensione anche per il futuro. In termini pratici, chi matura il diritto ad una pensione quando lo strumento previdenziale è ancora attivo, non perde il diritto a questa pensione se rimanda l’uscita ad un periodo successivo.
Opzione donna un tipico esempio di cristallizzazione del diritto alla pensione
Un tipico esempio per capire il meccanismo è quello di opzione donna. La misura quest’anno è cambiata. Infatti si esce a 60 anni di età e non a 58 come in precedenza. O meglio, si esce ancora a 58 anni, ma con requisiti diversi e più rigidi. Infatti fino al 2022 opzione donna prevedeva l’uscita a chi entro la fine del 2021 maturava 58 anni di età (59 anni per le lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi. Nel 2023 invece la misura si centra con 58 anni di età e 35 anni di contributi, maturati entro la fine del 2022, ma solo se la richiedente è disoccupata o alle prese con tavoli di crisi aziendale avviati. Oppure sempre a 58 anni possono uscire le lavoratrici invalide e caregiver con due o più figli avuti.
Senza figli, sempre invalide e caregiver non possono uscire se non hanno compiuto 60 anni entro il 2022. E servono alla stessa data 59 anni per chi ha avuto un solo figlio ed appartiene a quelle categorie. Ma chi ha completato 58 o 59 anni di età già al 31 dicembre 2021, ed alla stessa data ha completato pure i 35 anni di contributi, può uscire ancora con le vecchie regole. Perché ha ormai maturato il diritto mentre opzione donna funzionava in quel modo. Con lo strumento del cristallizzazione del diritto.
L’Ape sociale non si può cristallizzare
Il diritto alla pensione maturato ed ormai congelato vale anche per quota 41 per esempio, oppure per le anticipate contributive.
Nulla di certo e sarà così prevedibilmente, fino alla pubblicazione della nuova legge di Bilancio. Cioè a fine anno. Per chi raggiunge i requisiti oggi, come il nostro lettore, il suggerimento è di cogliere al volo l’occasione del pensionamento.
Perché si perde il diritto all’Ape sociale
Detto che l’Ape sociale non si cristallizza, adesso andiamo a capire i perché. Bisogna capire i motivi per cui anche se per l’Ape sociale la pensione a 63 anni è flessibile, c’è chi non ha scelta. L’Ape sociale non rientra tra le misure che cristallizzano il diritto alla pensione. Perché prima di presentare domanda di pensione con l’Ape sociale, occorre presentare all’INPS una domanda di riconoscimento del diritto. La domanda di certificazione del diritto una volta resa dall’INPS per l’Ape sociale, è valida solo per l’anno in corso. Perché con la certificazione del diritto l’INPS conferma che un lavoratore ha le carte in regola per quella determinata misura. Quindi che ha almeno 63 anni di età, che ha almeno 30 anni di contributi ma anche che da 6 mesi assiste un disabile, come il caso specifico del lettore.
Essendo alcuni requisiti necessari, mutabili (e l’assistenza al disabile può mutare da un anno all’altro), l’interessato dovrebbe ripetere la domanda di certificazione all’anno nuovo. E se l’Ape non c’è più, non si può richiedere questo certificato.
Pensione a 63 anni flessibile? Ecco chi non ha scelta
Questa regola vale per i caregiver, perché evidentemente tutto può cambiare e magari vengono meno i 6 mesi di assistenza all’invalido necessari. Ma vale anche per il lavoro gravoso. Come tutti sanno l’Ape sociale si può prendere anche a partire dai 63 anni di età con 36 anni di contributi versati per chi svolge una delle tante mansioni gravose previste. E per ceramisti ed edili, bastano 32 anni di versamenti. Ma il lavoro gravoso deve essere svolto per almeno 7 degli ultimi 10 anni di carriera. O in alternativa, per 6 degli ultimi 7 anni. Se l’INPS certifica per buono questo requisito nel 2023, potrebbe non trovarlo più rispettato nel 2024. E quindi serve una nuova domanda di certificazione. Stesso ragionamento per il disoccupato, altra categoria a cui l’Ape sociale è destinata. Serve lo status di disoccupato, requisito variabile da un periodo all’altro.