In base alle misure di pensionamento che il lavoratore sceglie di utilizzare per uscire dal lavoro, cambiano i requisiti di uscita. Ma in base alla misura prescelta, possono cambiare anche le regole di calcolo. Pertanto, chi ha facoltà di scelta, potendo andare in pensione con diverse misure, potrebbe dover considerare tutte le piccole sfaccettature di ciascuna opzione. Così, un lavoratore a 64 anni, se ha diverse opportunità, potrebbe trovare conveniente una misura piuttosto che un’altra. Ecco tutte le pensioni a 64 anni e cosa cambia misura per misura.
Pensione a 64 anni: c’è chi esce con tagli all’assegno e chi invece si salva
Naturalmente, chi ha 64 anni di età può andare in pensione con le anticipate contributive, se ha il primo contributo versato successivamente al 1995. Con questa misura bastano 20 anni di contributi versati, anche se è necessario rispettare il limite dell’importo minimo della pensione da raggiungere. Ma a 64 anni di età si può andare in pensione anche con la Quota 103, ad esempio, poiché il limite di età fissato per questa misura è di 62 anni. Sempre a 64 anni è possibile accedere all’APE Sociale, dove la soglia minima anagrafica è pari a 63 anni e cinque mesi.
Inoltre, i 64 anni di età possono essere sufficienti anche per la Quota 41 per i lavoratori precoci o per le pensioni anticipate ordinarie, misure prive di requisiti anagrafici, quindi sfruttabili a qualsiasi età. Tuttavia, si tratta di misure diverse, con requisiti differenti, ma che per qualcuno possono rappresentare un’opportunità di uscita dal lavoro. Questo è il momento in cui il lavoratore è chiamato a scegliere la misura più adatta alle proprie esigenze. Partiamo dal presupposto che esistono misure altamente penalizzanti, sia per quanto riguarda il calcolo della pensione che per la loro struttura.
Ad esempio, chi esce a 64 anni di età con l’APE Sociale perché è un caregiver, un disoccupato, un invalido o un addetto a lavori gravosi, si trova di fronte a una misura particolare.
Pensioni penalizzate? Ecco perché saper scegliere è importante
L’APE Sociale si riceve infatti fino ai 67 anni di età e prevede un assegno che non può mai superare i 1.500 euro al mese. Inoltre, è una prestazione che, per tutta la durata dell’anticipo, non prevede la tredicesima, l’assegno familiare, le maggiorazioni e l’indicizzazione. Inoltre, non è reversibile in caso di decesso prematuro dell’interessato.
Si tratta di una misura penalizzante, e chi la ritiene tale può optare per qualcosa di diverso. Ad esempio, per la Quota 41 per i lavoratori precoci, sempre che abbia 41 anni di contributi, rispetto ai 36 anni necessari per l’APE Sociale (o i 30 anni se invalidi, disoccupati e caregiver). Con la Quota 41, se l’interessato ha 12 mesi di contributi versati prima di aver compiuto 19 anni, c’è la possibilità di andare in pensione senza tagli, senza calcolo contributivo, e ottenendo la prestazione calcolata con il sistema misto.
Ecco le misure a prova di taglio
Questo non vale, ad esempio, per la Quota 103. Anche questa misura richiede 41 anni di contributi, ma la pensione con Quota 103 è penalizzata nel calcolo. Innanzitutto, perché anche se l’interessato ha diritto al calcolo misto, deve accettare una pensione interamente contributiva.
Con la Quota 103, infatti, si può uscire già a 62 anni di età, ma servono 41 anni di contributi versati. La prestazione è calcolata interamente con il sistema contributivo e non può superare quattro volte il trattamento minimo.
Si tratta di una misura fortemente penalizzante anche per chi ha 64 anni di età. È inutile dire che, per andare in pensione a 64 anni, è meglio scegliere una soluzione sicura, magari aspettando di aver raggiunto i 42 anni e 10 mesi di contributi, o completando la carriera con qualche anno di riscatto, se possibile.