La fine del governo Draghi e il rinnovo anticipato della legislatura hanno interrotto la riforma pensioni. Il progetto, avviato lo scorso febbraio di concerto con le parti sociali, si è quindi arenato, ma non è scomparso.
La necessità di riformare il sistema pensionistico è nota a tutti. Così come sono note le previsioni allarmanti di spesa snocciolati dall’Inps con il XXI Rapporto annuale sulla previdenza. 312 miliardi di euro, il 17% del Pil con una previsione di salita fino al 18,7% entro il 2035.
Riforma pensioni e scoglio Fornero
Numeri che non lasciano il minimo spazio a una riforma che abbassi l’età pensionabile rispetto ai requisiti Fornero.
Pena il dissesto finanziario dell’Inps, peraltro già previsto. Tenendo conto delle previsioni demografiche dell’Istat e di quelle contenute nei documenti di finanza pubblica, il rischio è di arrivare a fine 2029 con un patrimonio netto negativo di 92 miliardi di euro.
Cosa si può fare quindi? Nonostante i partiti, in campagna elettorale, facciano promesse roboanti per acquisire consenti, i numeri non consentono manovre a deficit. Quello su cui si potrebbe lavorare è una uscita a partire da 64 anni, peraltro già prevista per i contributivi puri. A tal fine sono già state fatte tre proposte dall’Inps.
Le tre soluzioni per uscire a 64 anni
La prima poggia sull’uscita a 64 anni di età con almeno 35 di contributi e il ricalcolo interamente contributivo della pensione. Ma a condizione che l’importo della rendita sia pari ad almeno 2,2 volte il valore dell’assegno sociale (468,11 euro al mese). Il costo iniziale sarebbe di quasi 900 milioni nel 2023 per poi salire a 2 miliardi nel 2024 e a oltre 3,7 miliardi nel 2029
La seconda via d’uscita, proposta dall’economista Michele Raitano, prevede una penalizzazione del 3% della pensione sulla quota retributiva per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 della vecchiaia.
La terza strada, che è anche la più economica e flessibile, è la proposta Tridico. Una pensione in due tranches con uscita a 63-64 anni e almeno 20 di contributi per la sola parte contributiva maturata. A cui si aggiungerebbe la restante fetta retributiva della pensione al raggiungimento dei 67 anni di età. In questo caso la spesa sarebbe di 500 milioni nel 2023, salirebbe a 1,5 miliardi nel 2024 per terminare a 2,5 miliardi nel 2029.