Cosa cambia con 5, 10, 20 o 30 anni di contributi per chi va in pensione all’età di 67 anni?
Come canta Gianluca Grignani con il brano Cammina nel sole: “Finché ti scalderà, finché ti va, finché avrai la sensazione di esser libero, perché non c’è un’età. Forever young. E se non ce la fai più, guarda in su”.
Il lavoro nobilita l’uomo, consentendo di ottenere in modo onesto il denaro necessario per acquistare beni e servizi grazie ai quali soddisfare le proprie esigenze.
Tuttavia non si può negare come lavorare sia stancante e molto spesso anche fonte di stress. Proprio per questo motivo è più che naturale che dopo anni alle prese con attività da portare a termine e rigide scadenze da rispettare sorga il desiderio di andare finalmente in pensione. Per tagliare tale importante traguardo, però, bisogna rispettare determinati requisiti anagrafici e contributivi.
Pensione a 67 anni: cosa cambia con 5, 10, 20 o 30 anni di contributi
A oggi è possibile accedere alla pensione di vecchiaia all’età di 67 anni a patto di aver maturato almeno 20 anni di contributi. Proprio in base a quest’ultimi differisce l’età a cui è possibile accedere al trattamento pensionistico. Entrando nei dettagli gli uomini possono usufruire della pensione anticipata ordinaria, a prescindere dall’età anagrafica, a patto di aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi. Per le donne, invece, il limite da rispettare è pari a 41 anni e 10 mesi. Coloro che hanno solo cinque anni di contributi e rientrano nel sistema contributivo, invece, possono andare in pensione a patto di avere almeno 71 anni.
Ci sono inoltre delle casse professionali che consentono ai propri iscritti di andare in pensione con meno di dieci anni di contributi. A tal proposito si invita a rivolgersi alla cassa previdenziale di competenza per ottenere maggiori informazioni in merito. Anche chi non ha versato contributi può andare in pensione grazie all’assegno sociale che viene riconosciuto a coloro aventi residenza stabile e continuativa in Italia da almeno dieci anni.
Pensione con 15 anni di contributi grazie alle tre deroghe della Legge Amato
Grazie alle tre deroghe della Legge Amato si può andare in pensione dopo aver maturato 15 anni di contributi. Entrando nei dettagli, come si evince dalla circolare numero 16 dell’Inps, datata 1 febbraio 2013, possono beneficare di tale opportunità:
“a) Lavoratori che al 31 dicembre 1992 hanno maturato i requisiti di assicurazione e di contribuzione previsti dalla normativa previgente. […]Ai fini della maturazione dei requisiti in parola, sono utili tutti i contributi (obbligatori, figurativi, volontari, da riscatto e da ricongiunzione) riferiti temporalmente a periodi anteriori al 1 gennaio 1993. I contributi figurativi, da riscatto e da ricongiunzione riferiti a periodi che si collocano entro il 31 dicembre 1992 devono essere valutati anche se riconosciuti a seguito di domanda successiva a tale data.
b) Lavoratori ammessi alla prosecuzione volontaria in data anteriore al 31 dicembre 1992;
c) Lavoratori dipendenti che possono far valere un’anzianità assicurativa di almeno 25 anni e risultano occupati per almeno 10 anni per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare“.