Uno dei dubbi maggiori che un contribuente italiano può avere nel momento in cui raggiunge i requisiti per andare in pensione in anticipo rispetto a quelli ordinari riguarda senza dubbio l’entità del trattamento. Il “quanto” diventa importante come il “quando” in materia pensionistica. Sapere quanto si perderà uscendo prima dal lavoro è un dubbio lecito, soprattutto per chi pensa, giustamente, che uscendo prima perderà una parte della pensione.
Come abbiamo ripetuto più volte, uscire dal lavoro in anticipo comporta sempre delle perdite per il pensionato.
Oggi analizzeremo, rispondendo al quesito di un nostro lettore, cosa un pensionato rischia di perdere accettando di uscire dal lavoro tre anni prima dei requisiti ordinari. Il confronto è tra la pensione anticipata contributiva e la pensione di vecchiaia per contributivi puri.
Pensione anticipata 2024 a 64 anni, o meglio aspettare 67 anni di età?
C’è una netta differenza di importo della prestazione uscendo a 64 anni rispetto ai 67 anni. Pertanto, il quesito sotto riportato di un lavoratore è davvero interessante.
“Buonasera, sono Paolo, un lavoratore dipendente che a novembre compie 64 anni di età. Dal momento che ho 23 anni di contributi versati, tutti nel sistema contributivo, volevo capire quali sono le differenze a livello di importo della prestazione se accetto l’uscita tre anni prima e non aspetto i 67 anni di età per la pensione ordinaria.”
I dati che il lettore ci fornisce nella sua lettera non sono completi a tal punto da poter fare un quadro specifico e personalizzato di quanto perderà di pensione uscendo quest’anno a 64 anni di età o rimandando l’uscita a 67 anni nel 2027.
Per rispondere specificamente, bisognerebbe conoscere l’ammontare dei contributi versati, cioè il suo montante contributivo, o in alternativa avere l’estratto conto certificativo o l’ammontare delle retribuzioni percepite durante i suoi 23 anni di carriera.
Tuttavia, in base a ciò che ci dice, possiamo fare un discorso generalizzato su cosa i contributivi puri perdono sfruttando la misura pensionistica loro dedicata, chiamata pensione anticipata contributiva. Qualcosa viene sicuramente persa uscendo a 64 anni rispetto ai 67.
Ecco come regolarsi riguardo al vantaggio in termini di pensione anticipata o no
I punti salienti per capire ciò che un pensionato perde uscendo dal lavoro a 64 anni di età invece che a 67 sono sempre i soliti: interruzione prematura della carriera e coefficiente di trasformazione inferiore. Questi sono i due fattori che determinano sempre una riduzione della prestazione percepita.
Il nostro lavoratore ha davanti due possibilità. Uscire subito dal lavoro quest’anno a 64 anni di età, quindi andare in pensione con i suoi 23 anni di versamenti, oppure restare al lavoro altri tre anni, raggiungere i 67 anni di età e uscire dal lavoro con 26 anni di contributi versati.
Come già si intuisce, uscendo dopo, lo farebbe con una dote di contributi più alta, cioè 26 anni invece di 23, e la sua pensione sarebbe più alta rispetto a un’uscita anticipata nel 2024.
I coefficienti di trasformazione determinano trattamenti più alti
Ciò che incide, indipendentemente dalla prosecuzione della carriera, è il coefficiente di trasformazione. Questo coefficiente penalizza il lavoratore che esce prima dal lavoro rispetto a chi resta più a lungo nel sistema lavorativo italiano. Chi esce dal lavoro a 64 anni di età prende una pensione più bassa rispetto a chi lo fa a 67 anni. Anche a parità di contributi e di montante contributivo accumulato. A 64 anni, la pensione è calcolata moltiplicando il proprio montante contributivo per il coefficiente 5,184%. A 67 anni, invece, il coefficiente è 5,723%.
Pensioni più alte: ecco i due motivi che determinano il vantaggio sulla pensione più tardi rispetto a quella anticipata
Per chiarire meglio cosa si perde tra l’uscita a 64 anni di età e quella a 67 anni, proviamo a fare un paio di esempi.
Uscendo dal lavoro con questo montante contributivo e con il coefficiente dei 64 anni di età, percepirà un trattamento annuale di 23.328 euro. Invece, uscendo con la stessa carriera e senza ulteriori versamenti a 67 anni, prenderà un trattamento di 25.735,50 euro. Oltre 2.400 euro in più di pensione all’anno per il solo fatto che il coefficiente è migliore.
Continuare a lavorare conviene, ne giova la pensione
Se nei 3 anni che mancano dai 64 ai 67 anni l’interessato continua a lavorare, ipotizzando una retribuzione lorda di 30.000 euro annui utile ai fini previdenziali, il lavoratore aumenterebbe ancora di più la sua pensione. Su 30.000 euro di retribuzione, un dipendente destina 9.900 euro alla pensione futura. Dato che questa è l’aliquota contributiva dei lavoratori dipendenti che versano nell’apposito fondo (FPLD). Sono circa 30.000 euro in più di montante che a 67 anni si traducono in ulteriori 1.716 euro di trattamento pensionistico.