Ieri abbiamo parlato della pensione Ape Social per i lavoratori autonomi, abbiamo raccontato la storia di un nostro lettore che lotta per i suoi diritti e per i diritti di questa categoria di lavoratori sempre più tartassati. Oltre la beffa il danno, costretti a chiudere l’attività, la maggior parte di loro indebitati e soffocati dalle tasse, e gli viene negato anche il diritto alla pensione.
Più di una volta ho usato questa frase, ma sempre di più mi rendo conto di quanto sia giusta: “è difficile essere italiani”.
Ci ha scritto un lavoratore autonomo artigiano che si trova a 65 anni a lottare per i suoi diritti, ecco la sua storia.
Pensione anticipata: lavoratore autonomo artigiano di anni 65
Buongiorno sig.ra Angelina, ho finito di leggere adesso il suo articolo sull’APE Sociale e sui lavoratori autonomi.
Sembra la copia della mia situazione, unica cosa differente è che io lavoro sui tetti: faccio o meglio facevo, l’antennista.
Dico uguale perché anche io sono stato lavoratore dipendente e poi autonomo, ed anche io ho lavorato per un certo periodo all’estero, in Francia per la precisione, e perso quindi degli anni di versamenti.
Tornato a Roma ho aperto una posizione come impresa individuale, una partita IVA ed ho cominciato a lavorare. Tutto è andato ottimamente fino a quando la crisi si è cominciata a far sentire con tutte le difficoltà per noi artigiani senza nessun tipo di tutela.
Un brutto intervento rende difficile il lavoro
Nel 2006, lavorando, mi sono procurato una brutta ernia L5-L6 se ricordo bene e benchè avessi passato la visita ad aprile e fosse, a detta del medico da operare urgentemente, l’operazione è stata fatta nel mese di Luglio.
Nel frattempo non solo ero impossibilitato a lavorare, ma sono dovuto ricorrere alla terapia del dolore in quanto mi era insopportabile sia rimanere in piedi che seduto o sdraiato, sono stato per oltre un mese con una sacchetta di morfina collegata con un ago e che ogni settimana veniva rinnovata dai medici.
Finalmente dopo l’operazione ho potuto riprendere il lavoro nel mese di novembre, tornando, anche se sconsigliato totalmente dal chirurgo, a salire sui tetti con pesi (borsa dei ferri, antenne, strumenti e quant’altro) perché se volevo vivere quello era il mio mestiere.
Richiesta di invalidità, il Fisco non accetta giustificazioni
Dietro consiglio del commercialista poi ho dovuto fare richiesta di invalidità, primo perché a suo dire mi spettava e secondo perché se così non avessi fatto, avendo avuto un fatturato prossimo allo zero, non ho lavorato da fine marzo a fine novembre, sarei passato immediatamente ad un controllo fiscale in quanto il mio fatturato era chiaramente ben inferiore a quello dell’anno precedente.
Sembra che al fisco poco importasse dei certificati che potevo fornire, dell’operazione subita e quant’altro.
Fatta la domanda la risposta è stata la stessa descritta nel suo articolo: “non sono risultate infermità tali da determinare una assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attivita’lavorativa” sia in prima istanza che al ricorso. In pratica mi è stato suggerito di cambiare e trovarmi un altro lavoro e capisce che a 54 anni, quanti ne avevo allora, ricominciare da capo se si ha famiglia, non è proprio possibile.
A dicembre 2016 costretto a chiudere
Quindi sono andato avanti per altri 10 anni, a dicembre del 2016 ho chiuso tutto, sia perché il lavoro era praticamente prossimo allo zero, sia perché in questi anni, oltre al problema della schiena, l’operazione di cui le ho parlato poco fa, si era aggiunta una importante artrosi alle ginocchia che mi impediscono di salire su una scala e continuare a fare il lavoro che facevo.
Ho fatto domanda all’INAIL affinché mi venga riconosciuta come derivante dal lavoro che svolgevo e dopo quasi un anno ancora aspetto una risposta, o meglio la risposta c’è stata con un appuntamento che mi è stato assegnato tramite raccomandata nel mese di marzo, ma il giorno prima della visita ho ricevuto una telefonata dall’INAIL dove mi è stato chiesto di non andare per problemi di reperibilità del loro medico ed ancora sto aspettando una loro comunicazione in merito.
Pensione anticipata APE Sociale rifiutata “non occupato” è diverso da “disoccupato”
Ho fatto domanda per l’Ape sociale, con 65 anni di età e circa 35 anni di contributi rientravo. Anche qui l’iter è stato lo stesso, ho scoperto di essere “non occupato” che è ben diverso dall’essere “disoccupato”. Non mi spettava nessun tipo di ammortizzatore sociale e di conseguenza non avendo avuto questo sussidio dallo Stato non avevo diritto alla Pensione anticipata.
A tutt’oggi non lavorando, sono riuscito a trovare un piccolo impiego a tempo determinato, fino a novembre 2018, ho cominciato a metà marzo, per poter andare avanti visto che i pochi soldi che ero riuscito a mettere da parte si stanno esaurendo e devo continuare a vivere.
Secondo l’INPS dovrei andare in pensione a novembre 2019 sempre che non passi la legge sull’aspettativa di vita, in quel caso andrei a maggio 2020 quando avrò 68 anni, visto che sono del 1952, per un importo lordo di circa 850 euro mensili.
La prima persona a cui sto parlando della mia situazione è lei. Magari serve a smuovere qualcosa non solo per me, ma anche per i molteplici artigiani che si trovano nella mia identica situazione.
Se vuoi raccontare le ingiustizie subite, se hai domande o dubbi, contattami: [email protected]