Opzione donna è una delle misure che più interessa la popolazione lavorativa italiana. Perché la pensione anticipata con il regime contributivo sperimentale donna è una misura molto popolare nell’universo delle lavoratrici. Nonostante l’elevato taglio di assegno a cui le lavoratrici sono sottoposte uscendo con Opzione donna, la misura piace. E c’è chi la vorrebbe strutturale, ovvero senza scadenza. Perché quando sottolineiamo che si tratta di una misura sperimentale, significa che è a termine.
Da anni ormai l’esperienza di Opzione donna prosegue proroga dopo proroga.
“Buonasera, sono Gina, una donna lavoratrice che purtroppo ha perduto il treno di Opzione donna. Dico purtroppo perché volevo lasciare il lavoro quest’anno visto che compio 61 anni a settembre. Il problema è che nonostante ho 39 anni di contributi, Opzione donna adesso mi chiede quanti figli ho avuto (nessuno) e se sono invalida, disoccupata o se ho parenti invalidi. Così mi hanno detto al Patronato. Ma io non ho nulla di tutto ciò, sono semplicemente una lavoratrice che vorrebbe lasciare il lavoro. Come posso fare?”
Pensione anticipata donne a 60 anni subito, ecco chi si salva dalla nuova Opzione donna
Lasciare il lavoro e dedicarsi alla famiglia, alla cura della casa e alle proprie esigenze è ciò che spinge molte donne a guardare a Opzione donna. Nonostante la pensione con questa misura venga calcolata interamente con il penalizzante sistema contributivo. Perché va detto che la lavoratrice che sceglie Opzione donna deve accettare che la sua pensione sia marcatamente tagliata.
Cosa è successo nel 2023 dopo la manovra di Bilancio del governo
Nel 2023 Opzione donna è stata rinnovata con una formula assai discutibile. Fino al 31 dicembre 2022 infatti Opzione donna era fruibile soltanto arrivando a completare i 58 anni di età e i 35 anni di contributi entro il 31 dicembre dell’anno precedente (per le lavoratrici autonome servivano 59 anni). Con la nuova versione invece, i 58 anni diventano una possibilità solo per chi ha perso il lavoro, per chi è assunta in aziende con tavoli di crisi attivi o per invalide e caregiver con due o più figli avuti durante la vita. Per invalide e caregiver con un solo figlio serve che al 31 dicembre dell’anno precedente (il 2022, ndr), oltre ai 35 anni di contributi siano stati completati anche i 59 anni di età. Senza figli invece l’età sale a 60.
Tutte le anomalie del regime sperimentale donna di oggi dopo la proroga del governo
Una lavoratrice di un supermercato, con 4 figli avuti, 60 anni di età e 35 anni di contributi oggi, non può in nessun caso andare in pensione con Opzione donna. Perché nonostante i figli avuti, la lunga carriera e l’età giusta, non è una invalida, non ha perso il lavoro e nemmeno rischia di perderlo. E non ha parenti disabili da assistere. Si tratta di un tipico esempio di lavoratrice penalizzata dalla nuova Opzione donna. La stessa lavoratrice, avesse completato i 35 anni di contributi già al 31 dicembre 2021, poteva invece andare in pensione già nel 2022 con la vecchia Opzione donna.
Evidente il peggioramento strutturale che la misura ha avuto con l’ultima proroga del Governo. Però c’è una soluzione che può aiutare alcune lavoratrici a non restare impigliate nelle maglie della nuova versione del regime sperimentale donna.
Anche Opzione donna cristallizza il diritto alla quiescenza delle lavoratrici, ma solo in alcuni casi
La nostra lettrice come età e contribuzione potrebbe avere diritto ad andare in pensione con Opzione donna adesso. Anche se non rientra nelle casistiche della nuova versione della misura. Perché di fatto ha maturato il diritto alla vecchia versione di opzione donna. La nostra lettrice il 31 dicembre 2021 aveva già completato i 58 anni di età utili alla vecchia Opzione donna per le lavoratrici dipendenti. Ed aveva già oltrepassato la soglia dei 35 anni di contributi versati utili alla misura, tanto ieri che oggi.
E allora possiamo sottolineare che la lettrice ha cristallizzato il diritto alla pensione con le vecchie regole della misura. La normativa da questo punto di vista è chiarissima. Chi matura il diritto ad un trattamento pensionistico in virtù di una vecchia legge, entro i termini in cui la vecchia legge era attiva, non lo perde mai. Nemmeno se la legge finisce di avere effetto e nemmeno se una determinata misura pensionistica cambia pelle e cambia requisiti. Poco da eccepire quindi, e tutte le lavoratrici che il 31 dicembre 2021 avevano completato già 58 anni di età e i 35 anni di contributi, possono essere considerate come salvaguardate da questo strumento.