La pensione complementare è ormai una necessità. Soprattutto per i giovani le cui carriere lavorative sono caratterizzate da lavori discontinui, saltuari, mal retribuiti e senza la garanzia di una pensione minima e sufficiente per il futuro.
Ci riferiamo in particolare alla integrazione al trattamento minimo, che oggi ammonta a 515 euro al mese, ma che vale solo per coloro che hanno iniziato a lavorare prima del 1996. Quindi, le future pensioni saranno calcolate e liquidate solo su quanto realmente versato nelle casse pensionistiche.
Pensione complementare sempre più necessaria
Una magra prospettiva che non può che far pensare all’importanza della previdenza complementare. Il cosi detto terzo pilastro, dove ogni lavoratore sceglie liberamente di farsi una pensione su misura aderendo ai fondi pensione aperti o chiusi.
Non è un caso che l’interesse dei giovani lavoratori verso la previdenza complementare sia in forte crescita nel nostro Paese. Alla fine del 2020, secondo i dati Covip, gli iscritti alle varie forme di previdenza complementare erano arrivati a 8,4 milioni. Circa un terzo dei lavoratori italiani.
Ma il dato curioso è che gli iscritti ai fondi pensione sono più che altro lavoratori di età intermedia, cioè fra i 35 e i 54 anni di età. Solo uno su tre ha più di 54 anni. Ciò è indicativo di quanto le nuove generazioni ritengano indispensabile tutelarsi con una pensione integrativa.
I vantaggi fiscali
A parte i rendimenti dei fondi pensione che hanno battuto il TFR, a spingere verso la previdenza complementare ci sono anche i vantaggi fiscali. I contributi versati, sia per la sottoscrizione di un fondo pensione che per il riscatto di anni di lavoro, consentono una deduzione dal reddito complessivo.
Il limite massimo è fissato in 5.164,57 euro all’anno e questo può essere fatto anche dai genitori, se sono loro ad effettuare materialmente i versamenti. Frequenti sono i casi in cui i genitori assicurano un futuro per i figli ancorché studenti, pagando le quote del fondo pensione che hanno scelto.
Un altro vantaggio fiscale, in odore di revisione però da parte del governo, è dato dall’aliquota che è applicata sulla rendita al momento dell’erogazione. Questa è pari al 15%, contro lo scaglione minimo Irpef del 23%. Un risparmio di cui pochi sono a conoscenza.