Con l’operato del Governo nell’ultima legge di Bilancio, le pensioni sono state duramente colpite. La carenza di dotazioni, la necessità di assegnare fondi per altre priorità e le altre urgenze a cui ha dovuto far fronte l’esecutivo, hanno prodotto un peggioramento delle condizioni per andare in pensione. I requisiti si fanno più stringenti e gli assegni pensionistici diventano una chimera. E si abbassano anche gli importi per chi uscirà dal lavoro nel 2024. A risentire degli effetti negativi della riforma anche i pensionati più “ricchi” penalizzati dalla rivalutazione.
E allora cosa si può fare? La previdenza complementare è sempre più la via alternativa per rendere la futura vita di un lavoratore di oggi, più agiata.
“Buonasera, Sono un lavoratore ancora giovane (ho 55 anni di età). Quindi non vi chiedo se posso andare in pensione o quando potrò andarci. Vi chiedo di suggerirmi cosa fare per arrivare alla mia pensione in maniera più dignitosa di quello che prevedo accadrà presto. Infatti credo che la via sia tracciata e le pensioni diventeranno sempre più difficili da prendere e sempre più povere. Secondo voi esistono vie favorevoli per chi ha la mia età, per accumulare qualcosa, magari nella previdenza integrativa?”
Pensioni sempre più lontane e sempre più basse? Pensione complementare: ecco la soluzione per migliorare il proprio futuro
La nuova quota 103 è il tipico esempio di taglio degli assegni che possiamo portare. Infatti rispetto alla versione 2023, la quota 103 si allontana di diversi mesi per via dell’estensione delle finestre di attesa. Infatti si passa da 3 e 6 mesi, per lavoratori del settore privato e a 7 e 9 mesi per lavoratori del settore pubblico. Inoltre si abbassa il limite massimo dell’importo percepibile. Perché si passa da un tetto massimo fino a 5 volte il trattamento minimo INPS, a un tetto massimo di 4 volte.
Infine, si passa al ricalcolo completamente contributivo della pensione. Mentre oggi i quota 103 del 2023 ottengono il calcolo classico della pensione, ovvero il misto. In pratica, retributivo fino al 1996 o al 2012 in base ai contributi versati fino al 1995 e contributivo per i periodi successivi. Tagli evidenti di assegno, quindi. E da qui partiamo per vedere che vie ci sono per consentire una vecchiaia più dignitosa per i futuri pensionati.
La pensione complementare può aiutare la vecchiaia dei lavoratori
Il fatto che le autorità da tempo spingono verso una pensione integrativa con la previdenza complementare è evidente da ciò che accade a ogni modifica del sistema previdenziale. Infatti se è vero che tagliare le pensioni e allontanarle nel tempo serve a risparmiare soldi pubblici, è anche vero che penalizzando il futuro pensionato si intende spronarlo a trovare vie alternative. E una di queste è la previdenza integrativa. Mettere da parte soldi che poi si trasformeranno in rendita quando sarà il momento di andare in pensione è una soluzione praticabile per il tramite della previdenza complementare. Ma quali vie scegliere?
I fondi negoziali sono una via assai diffusa
Oggi, sempre più spesso, si sta diffondendo la via della previdenza complementare che pare interessi già 10,6 milioni di italiani. Sono soggetti che hanno scelto di accumulare fondi per il futuro, guardando alla pensione. Probabilmente le restrizioni che adotta il Governo hanno fatto breccia producendo un incremento di oltre il 3% rispetto al 2022. Tali dati provengono dalla Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP).
Sale la previdenza con la pensione complementare rispetto al passato
I fondi negoziali, per esempio, sono una strada assolutamente percorribile. Questa particolare formula di previdenza integrativa coinvolge il datore di lavoro. Infatti sono fondi attivati dietro intese tra sindacati e datori di lavoro.
Per una pensione più alta, la via dei PIP o dei fondi negoziali
Come si legge nella scheda dedicata ai PIP del sito istituzionale COVIP, “i Piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP) sono forme pensionistiche complementari istituite da imprese di assicurazione a cui è possibile aderire solo su base individuale indipendentemente dalla propria situazione lavorativa”.
In questo caso quindi fa tutto il lavoratore. In effetti l’adesione a un PIP è volontaria, su base individuale e ,come detto, essendo indipendente dalla condizione lavorativa possono aderire anche i disoccupati. Il lavoratore comunque è libero di scegliere la periodicità dei versamenti e gli importi, con piani che possono essere cambiati di volta in volta con la propria assicurazione. Inoltre, il lavoratore può scegliere anche di lasciare ai PIP il solo TFR accantonato mese per mese.
Le differenti vie per incrementare la pensione futura
Quindi, il Piano di accumulo individuale può essere una soluzione per qualunque soggetto, mentre i fondi negoziali no. Perché questi ultimi sono forme pensionistiche complementari istituite dai sindacati più rappresentativi in azienda e dai datori di lavoro. E tutto inserito nell’ambito della contrattazione collettiva. Solo nel caso in cui il CCNL preveda questa opzione, il lavoratore può godere dell’iscrizione al fondo. Una volta che il lavoratore ha aderito al fondo, il datore di lavoro ha l’obbligo di versare il contributo. Il lavoratore invece può scegliere se incrementare i versamenti con aggiunte autonome per arrivare a percepire un trattamento integrativo più alto in futuro.