Con il passaggio al contributivo la pensione complementare sta diventando un’esigenza più che una scelta. Per molti i contributi volontari sono l’unico modo per integrare l’assegno mensile futuro e renderlo adeguato ai costi della vita.
A che età iniziare a versare i contributi per la pensione complementare
Conviene iniziare a pensare da giovane alla pensione futura: sicuramente hai sentito questa frase più volte e in effetti è corretta. Però resta un consiglio astratto che non spiega né quando iniziare né quanto versare.
Tanti i giovani che sottovalutano l’importanza del tempismo per i contributi della pensione complementare e preferiscono il Tfr.
Tre criteri su cui basare la scelta del fondo pensione
Proviamo a ribaltare la prospettiva: di quanto deve aumentare la pensione futura? Questo ci porta poi a capire quanto versare e a che età iniziare perché se la rata è insostenibile o si abbassano le proprie aspettative oppure si scelgono investimenti più a alto rischio. Mi spiego meglio: immaginiamo un lavoratore di 45 anni che, consapevole di avere una pensione futura bassa, sottoscrive un fondo di previdenza complementare in cui versa regolarmente 200 euro al mese. Arriva il momento di andare in pensione e resta deluso da quanto è riuscito a integrare. Perché? Che cosa ha sbagliato? Esistono diverse forme di pensione complementare con profili di rischio crescenti: la scelta dipende da tre fattori
- Età di chi versa
- Importo che si riesce a sostenere e versare mensilmente (la rata del fondo)
- Aspettativa sulla pensione futura (ovvero di quanto la si vuole integrare)
Allora per fare la scelta giusta bisogna provare a ribaltare la prospettiva: a immaginarsi all’età della pensione e, considerato quanto si prenderà, chiedersi quanto manca a quell’importo per diventare una pensione accettabile e adeguata.
Se versi 100 euro di contributi per la pensione complementare quante ne avrai quando smetti di lavorare?
Come premesso 100 euro versate sul fondo pensione complementare hanno in futuro un valore diverso in base all’età del lavoratore e al tipo di fondo scelto (profilo di rischio). Questa ovviamente è una proiezione che vale oggi: il dato esatto deve tener conto anche del coefficiente di rivalutazione degli stipendi e del montante contributivo. Ad esempio negli ultimi cinque anni i fondi pensione hanno reso di più arrivando al 2% medio.
Nel caso ipotizzato un lavoratore di 45 anni (che quindi andrebbe in pensione a 64 anni e 10 mesi) versando 134 euro al mese con un fondo a rischio basso avrebbe in pensione circa 100 euro in più sull’assegno. Per fare una strategia di pensione complementare conveniente dovrebbe considerare profili di rischio maggiori. In questo caso a fronte di circa 81 euro versate ne avrebbe 100. Abbassando l’età scende l’importo che occorre versare per avere un extra maggiore. Se invece l’età del lavoratore sale, il profilo di rischio alto appare quasi obbligatorio per poter avere una rata sostenibile a meno che non si ha un margine di risparmio sullo stipendio molto alto. Ma questo scenario appare improbabile perché altrimenti non si sentirebbe neanche l’esigenza di integrare la pensione.