Il 2025 si dovrebbe aprire senza una vera riforma delle pensioni. Le esigenze dei lavoratori probabilmente si scontreranno con i vincoli di cassa. In questa specie di vicolo cieco in cui si muove il Governo, probabilmente anche il 2025 sarà un anno di transizione. A oggi, però, non è nemmeno sicuro che alcune possibilità di pensione anticipata (come l’ape sociale) attualmente in vigore resteranno attive anche l’anno prossimo.
Quello di cui parliamo è indicato dagli esperti come lo scenario peggiore: un taglio delle misure anticipate di pensionamento.
Tuttavia, per le prime due misure, il meccanismo che fissa il diritto maturato si applica, permettendo a chi vuole di rimandare l’uscita anche dopo aver completato i requisiti. Per la pensione con l’Ape Sociale, invece, la situazione è diversa, e per i nati nel 1961 si arriva alla fatidica ultima chiamata.
Pensione per i nati nel 1961: ultima chiamata nel 2024, altrimenti pensione nel 2028
Stando a quanto detto, ci saranno contribuenti nati nel 1961 che, per il solo fatto di voler restare al lavoro senza approfittare dell’Ape Sociale oggi, rischiano di dover rimandare la pensione al 2028. Se davvero il 2024 sarà l’ultimo anno di validità per l’Ape Sociale, i nati nel 1961 o successivamente, se hanno i requisiti utili alla misura, farebbero meglio ad andare in pensione subito, a meno che non abbiano voglia di restare al lavoro per almeno altri quattro anni.
Inoltre, va detto che, anche se la misura venisse prorogata, come le recenti esperienze insegnano, non è detto che tutti coloro che oggi hanno maturato il diritto all’Ape Sociale continuino ad averlo per l’anno venturo. Non sempre, infatti, quando è il momento di rinnovare una misura e di prolungarla di un anno, il Governo sceglie la proroga secca e tout court.
Non fidarsi di eventuali promesse di proroga: spesso le cose cambiano anche sulla pensione con l’Ape Sociale
Spesso si proroga una misura imponendo correttivi che altrettanto spesso tagliano fuori alcuni lavoratori. Negli ultimi anni, è stato il caso dei lavoratori edili, ad esempio, che per un certo periodo hanno avuto la possibilità di andare in pensione con l’Ape Sociale a 63 anni con 32 anni di contributi, ma poi il Governo ha riportato la soglia contributiva utile a 36 anni.
Una cosa simile è successa anche per l’età minima della misura, passata dai 63 anni fino al 2023, ai 63 anni e 5 mesi di oggi. Quindi, è meglio fare presto e scegliere la via dell’Ape Sociale oggi, senza pensare a fantomatiche nuove misure più favorevoli. O considerare il diritto all’Ape Sociale, se maturato nel 2024, inviolabile e sfruttabile anche nei prossimi anni.
L’Ape Sociale, infatti, non cristallizza il diritto alla prestazione. O si sceglie di sfruttare la misura in tempo utile, oppure l’anno successivo bisognerà tornare alla verifica dei requisiti, sempre che la misura resti attiva. E come detto in precedenza, questo è lo scenario meno probabile al momento.
Per la pensione a 63 anni, nel 2024 l’ultima occasione? Ecco chi dovrebbe sfruttare il canale agevolato senza rinvii
Ripetiamo, chi è nato nel 1961 è colui che, almeno come età, potrebbe rientrare nell’Ape Sociale. A dire il vero, non sono nemmeno tutti i nati nel 1961 a poter accedere all’Ape Sociale. Questo dipende dalla recente modifica al requisito anagrafico, salito da 63 anni esatti a 63 anni e 5 mesi. Chi, ad esempio, è nato ad agosto del 1961, non fa in tempo entro dicembre 2024 a completare i 63 anni e 5 mesi utili alla prestazione. Anche per pochi giorni, chi ha subito il danno dell’inasprimento dell’età pensionabile potrebbe trovarsi escluso.
Se l’età fosse rimasta a 63 anni, anche questi soggetti avrebbero potuto completare per tempo il primo requisito utile alla prestazione, cioè quello anagrafico. Invece, tutto è cambiato. Per capire se si rientra o meno nell’Ape Sociale, bisogna considerare che la platea di riferimento è sempre la stessa e consta di quattro grandi categorie.
Nel dettaglio, ci sono i lavori gravosi, i cui addetti possono accedere alla pensione a 63 anni e 5 mesi con l’Ape Sociale, se hanno almeno 36 anni di contributi versati e se hanno svolto tale attività per un periodo non inferiore a sei degli ultimi sette anni, o in alternativa a sette degli ultimi dieci anni.
Poi ci sono gli invalidi al 74% almeno o chi assiste un invalido grave, che deve essere parente stretto e convivente con il richiedente la pensione, da non meno di sei mesi a partire dalla data di presentazione della domanda di pensione. Per loro bastano 30 anni di versamenti.
Infine, ci sono i disoccupati, per i quali bastano sempre 30 anni di contribuzione versata. Ma solo se hanno perso il lavoro involontariamente, avendo terminato di percepire l’intera Naspi spettante dopo la perdita dell’ultimo posto di lavoro.
I chiarimenti e cosa considerare in fase di scelta per la pensione con l’Ape Sociale
Chi raggiunge i requisiti di accesso all’Ape Sociale nel 2024, a prescindere dalla categoria, se desidera lasciare il lavoro quanto prima, è meglio che lo faccia subito. “Del domani non c’è certezza”, come recitava una frase di Lorenzo il Magnifico. E per le pensioni la frase calza alla perfezione, come detto in precedenza.
Va detto però che chi intende sfruttare l’anticipo deve considerare cosa andrà a ricevere come trattamento. Infatti, la prestazione, fino al compimento dei 67 anni di età, non supererà mai i 1.500 euro lordi al mese. Questa è la soglia massima dell’Ape Sociale, e questa cifra non cambia perché la misura non viene mai indicizzata per tutto l’anticipo.
Inoltre, in caso di decesso del titolare, la prestazione non va ai superstiti. Inoltre, nella pensione dell’Ape Sociale, il titolare non percepisce assegni familiari, maggiorazioni e integrazioni. Tutti questi limiti, come detto, scompaiono a 67 anni, poiché a quell’età la prestazione dell’Ape Sociale cessa di essere erogata.
Non è una vera pensione, ma un trattamento che accompagna il lavoratore alla pensione. A 67 anni, l’ex titolare di Ape Sociale deve richiedere la pensione di vecchiaia ordinaria.