Per andare in pensione servono due requisiti: l’età anagrafica e l’anzianità contributiva. Fatta eccezione per le pensioni anticipate, il requisito minimo contributivo è di 20 anni per la generalità delle gestioni.
Esistono però delle eccezioni che consentono di andare in pensione anche con meno di 20 anni di contributi. Anche perché ciò che è stato versato durante la vita lavorativa non si perde se non dopo il decesso dell’assicurato. Vediamo quali sono.
La pensione con 15 anni di contributi
Per alcuni lavoratori bastano anche solo 15 anni di contributi per andare in pensione.
Una di queste è la deroga Amato che permette di accedere alla pensione con almeno 15 anni di contributi, A condizione di aver effettuato i versamenti prima del 31 dicembre 1992.
Questa opzione è esercitabile anche per coloro che non hanno 15 anni di contributi prima del 1992, ma hanno ottenuto dall’Inps l’autorizzazione ai versamenti volontari prima di tale data.
La seconda opzione riguarda la deroga Dini. Anche in questo caso bastano 15 anni di contributi per andare in pensione di vecchiaia. I requisiti richiesti sono quelli di possedere meno di 18 anni di contributi totali, avere almeno un contributo accreditato prima del 31 dicembre 1995 e avere almeno 5 anni di contributi accreditati dopo il 1996.
Chi opta per questa soluzione, però, deve mettere in conto che la pensione sarà erogata interamente con il sistema di calcolo contributivo. E quindi estremamente penalizzante.
In pensione con 5 anni di contributi
A parte ciò, si può andare in pensione anche con meno di 15 anni di contributi. Ma è più difficile. La legge prevede che coloro che possiedono almeno 5 anni di contributi possono accedere al pensionamento di vecchiaia.
Il calcolo della rendita avverrà esclusivamente col sistema di calcolo contributivo anche per i periodi di lavoro svolti prima del 1996. Chi non raggiunge nemmeno la soglia minima dei 5 anni di contribuzione non ha diritto alla pensione. Può tuttavia lavorare o riscattare i contributi per raggiungere la soglia limite dei 5 anni.
Invalidi e non vedenti
Il nostro ordinamento prevede poi la possibilità di andare in pensione con almeno 10 anni di contributi per gli invalidi, inabili e non vedenti. Per gli inabili e invalidi è sufficiente aver versato 3 anni di contributi negli ultimi 5 prima della domanda di pensione a prescindere dall’età anagrafica.
I ciechi e gli ipo vedenti, prima dell’inizio dell’attività lavorativa, possono andare in pensione con almeno 10 anni di contributi a
- 51 anni di età, per le donne;
- 56 anni di età, per gli uomini dipendenti o donne lavoratrici autonome;
- 61 anni, per gli uomini lavoratori autonomi.
Esistono poi alcune casse pensionistiche professionali che concedono la pensione con soli 10 anni di contributi. Come la Cassa dei Commercialisti, quella degli Psicologi e la Cassa Forense. Nel primo caso servono almeno 62 anni di età e non aver versato contributi prima del 2004. Nel secondo caso occorre aver compiuto i 65 anni di età, mentre per gli avvocati ne servono 70.
La pensione senza contributi
A parte ciò, la pensione senza contributi non esiste. Per cui chi non ha mai versato contributi all’Inps o presso altre casse pensionistiche non ha diritto alla pensione. Tuttavia, una volta arrivati alla veneranda età, lo Stato non lascia nessuno per strada, anche se non ha mai lavorato o versato contributi.
l nostro ordinamento, prevede infatti un ammortizzatore sociale che tutela gli indigenti che non hanno i requisiti contributivi per la pensione. Il sostegno si chiama assegno sociale ed è subentrato, con la riforma Dini del 1995, alla pensione sociale.
Non è una vera e propria pensione, ma un sussidio economico erogato dall’Inps a coloro che non hanno diritto alla pensione al raggiungimento dell’età anagrafica di 67 anni. Vale 468,11 euro (anno 2022) ed è pagato per 13 mensilità.
Assegno sociale, requisiti
Come si ottiene l’assegno sociale? Bisogna innanzitutto fare domanda al Inps. In secondo luogo occorre aver compiuto 67 anni di età e possedere requisiti socioeconomici ben definiti. Quindi non possedere redditi diversi nei limiti stabiliti dalla legge.
Per quanto riguarda i limiti di reddito, il richiedente non deve superare i 5.983,64 euro annui e 11.967,28 euro se coniugato. Qualora venissero superati tali limiti l’Inps procederà alla riduzione dell’assegno o alla revoca.
L’assegno viene sospeso se il titolare soggiorna all’estero per più di 29 giorni. Dopo un anno dalla sospensione, la prestazione è revocata.