Quanto si perde di pensione con quota 41? Praticamente alla pari delle domande che i pensionati si fanno sui requisiti di uscita, ci sono le domande che riguardano il calcolo della pensione. Il rapporto costi benefici nelle uscite anticipate è argomento centrale. Infatti se la prima domanda che viene in mente ad un lavoratore piuttosto in avanti con gli anni è quando potrà finalmente andare a riposo, la seconda è senza dubbio cosa ci rimette nel momento in cui può sfruttare qualche misura di pensionamento anticipato.
“Buonasera, vi scrivo affinché possiate darmi una spiegazione o quantomeno farmi capire cosa andrò a percepire di pensione nel 2023 quando finalmente potrò lasciare il lavoro con quota 41. Il mio Patronato mi ha detto che ho tutti i requisiti idonei per poter accedere alla pensione con quota 41, a tal punto da aver già chiesto all’INPS l’estratto conto certificativo. In pratica non ci sono dubbi sul fatto che a 61 anni di età l’anno prossimo potrò finalmente andare in pensione. Ciò che non riesco a comprendere però è un fatto. Uscendo con quota 41 e quindi con quasi due anni di anticipo rispetto alla pensione di anzianità, la mia pensione verrà penalizzata o no? Sapreste dirmi che pensione andrei a percepire restando al lavoro fino a marzo 2025 e completando così la carriera utile alle pensioni di anzianità?”
Quanto si perde di pensione con quota 41: l’alternativa alla pensione anticipata ordinaria con 42,10 di contributi
I calcoli sull’importo di una pensione spettante ad un lavoratore non possono essere fatti nella modalità con cui il nostro lettore si pone. Infatti servirebbero informazioni aggiuntive che lui non ci fornisce, e non per sua colpa dal momento che sarebbe stato troppo lungo elencare gli anni di contributi versati, i figurativi, il montante contributivo e tutti gli altri fattori che incidono sul calcolo della pensione.
Pensione quota 41 e quella anticipata con 42,10: le pensioni senza alcun limite di età
Quota 41 e la pensione anticipata ordinaria sono le uniche due misure previste dal sistema che non hanno un limite anagrafico per poter essere sfruttate. In pratica si può uscire a qualsiasi età e quindi il nostro lettore a 61 anni, come lui stesso ci dice, potrebbe accedere alla quiescenza con la quota 41. Evidentemente, dal momento che l’Inps ha già definito il diritto alla prestazione, ha un anno di contributi versati prima dei 19 anni di età ed appartiene ad una di quelle categorie a cui la quota 41 si offre. Proseguendo a lavorare fino a 42 anni 10 mesi il nostro lavoratore potrebbe aver diritto però alla pensione anticipata ordinaria, raggiungendo così quello che a tutti gli effetti è il numero limite di contributi versati per la pensione senza limiti anagrafici.
A cosa servono i coefficienti di trasformazione dei contributi
Una pensione con quota 41 (quindi 41 anni di contributi versati) e non con 42,10, significa percepire di meno di pensione. Innanzitutto per le regole di calcolo. Il montante contributivo accumulato viene trasformato in assegno pensionistico utilizzando dei coefficienti.
La guida specifica al calcolo della pensione
Ipotizzando 41 anni di lavoro, con 20.000 euro di stipendio medio e aliquota al 33%, il calcolo è semplice. Per un lavoratore vuol dire 270.600 euro di montante (il 33% di 20.000 è 6.600). In termini pratici 12.553 euro di pensione annua, o 966 euro al mese per 13 mensilità. Con un anno e 10 mesi di lavoro in più e uscita a 63 anni, il montante salirebbe a 277.860. E quindi una pensione annua di 13.643 cioè quasi 1.050 euro al mese. Già con un calcolo approssimativo, tutto abbastanza evidente. Anche con calcolo che non tiene conto della rivalutazione dei contributi e di una carriera variabile in epoca retributiva. E già così sarebbero quasi 90 euro in più aspettando la pensione anticipata rispetto alla quota 41.