Pensione contributiva già a 64 anni? Per ora vale solo per lavoratori con stipendi alti

La pensione già a 64 anni di età è possibile se interamente contributiva. Per il momento è accessibile a pochi lavoratori con stipendi alti.
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Pensione contributiva a 64 anni per pochi?
Pensione contributiva a 64 anni per pochi? © Licenza Creative Commons

La legge di Bilancio per il 2025 deve ancora essere ufficialmente presentata, ma una cosa sembra certa: sulle pensioni non c’è trippa per gatti. Quota 41 per tutti, misura bandiera della Lega, costa troppo. Al contrario, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ragiona su provvedimenti incentivanti la permanenza al lavoro anche dopo il raggiungimento dell’età pensionabile. Questa è fissata a 67 anni per uomini e donne, salvo ormai rare eccezioni. Tuttavia, da tempo esiste la possibilità di andare in pensione a 64 anni, pur se interamente contributiva.

Pensione a 64 anni con calcolo contributivo

La norma risale alla legge Dini del 1995, la stessa che rivoluzionò il nostro sistema previdenziale. Essa previde il passaggio graduale dal metodo retributivo al metodo contributivo. Per farla breve, una volta l’assegno veniva calcolato in base alle retribuzioni medie mensili degli ultimi anni di servizio. Grosso modo, il lavoratore maturava il 2% per ogni anno di servizio. Questo metodo fu ritenuto insostenibile, poiché le retribuzioni tendono a crescere durante la carriera lavorativa. Pertanto, i lavoratori percepivano assegni relativamente elevati, a fronte di pochi contributi versati.

Con il metodo contributivo, invece, l’assegno è legato soltanto ai contributi versati. Esso si applica a coloro che hanno iniziato a versare il primo contributivo dopo il 1995. A coloro che entro quell’anno avevano versato meno di 18 anni di contributi, si applica pro quota il metodo retributivo per gli anni di servizio fino al 2011 e contributivo per gli anni successivi (sistema misto).

Requisiti richiesti

Fatto questo breve excursus storico, arriviamo alla possibilità di andare in pensione a 64 anni. La legge lo prevede per i soli lavoratori interamente contributivi, cioè che abbiano iniziato a versare contributi dopo il 1995. E purché ne abbiano versati 20 anni. Inoltre, il loro assegno dovrà risultare almeno 3 volte superiore al trattamento minimo. Su quest’ultimo punto è intervenuta l’anno scorso la legge di Bilancio, inasprendo i requisiti.

Fino al 31 dicembre del 2023 l’assegno doveva risultare almeno di 2,8 volte il minimo. Tale criterio è stato mantenuto per le donne con almeno un figlio, mentre è stato abbassato per le donne con almeno due figli. Per tutti gli altri (uomini e donne senza figli) è salito da 2,8 a 3 volte il minimo.

Calcolo del montante contributivo richiesto

Nel 2024 il trattamento minimo è fissato a 534,41 euro. Questo significa che l’assegno mensile dovrà risultare nel caso di un uomo e di una donna senza figli pari a non meno di 1.603,23 euro. Capirete che non siano importi facilmente raggiungibili, specie con il metodo di calcolo interamente contributivo. In effetti, adesso andiamo a calcolare quale montante contributivo dovrà avere accumulato un lavoratore che volesse andare in pensione a 64 anni di età.

Dicevamo, assegno di 1.603,23 euro al mese per tredici mesi. Questo significa che il lavoratore dovrà percepire al primo anno di quiescenza non meno di 20.841,99 euro. A 64 anni si applica per il biennio 2023-2024 il coefficiente di trasformazione di 0,05184. Significa che il lavoratore avrà un assegno annuo pari al 5,184% del suo montante contributivo. Per trovare quest’ultimo, dobbiamo semplicemente dividere l’assegno annuale minimo per tale coefficiente. Il risultato è di 402.044,56 euro. Questo è quanto deve attualmente avere versato per andare in pensione a 64 anni, cioè con almeno 3 anni di anticipo rispetto all’età pensionabile ufficiale.

Stipendi elevati per maturare il diritto

E quanto bisogna guadagnare per arrivare a tale cifra? Chiaramente, dipende da due fattori: dagli anni di contribuzione e dal tasso di rivalutazione dei contributi di anno in anno. Quest’ultimo è legato all’andamento medio quinquennale del Pil annuale. Noi abbiamo ipotizzato che il lavoratore vada in pensione a 64 anni dopo soli 20 anni di servizio svolti tra il 2004 e il 2023. Dai dati è emerso che sarebbe stato necessario versare almeno 18.000 euro di contributi Inps ogni anno.

Per un lavoratore dipendente, ciò avrebbe significato guadagnare uno stipendio lordo annuale non inferiore a circa 54.500 euro.

Dato il livello medio degli stipendi in Italia, capite da soli che la pensione contributiva a 64 anni sia un miraggio per gran parte dei lavoratori. Considerate che in Italia, appena il 15% dei contribuenti dichiara al fisco redditi pari o superiori ai 35.000 euro lordi all’anno. Certo, c’è da dire che se il lavoratore ha versato contributi per un maggiore numero di anni, il livello minimo richiesto si abbassa. E così anche lo stipendio necessario. Tuttavia, per quanto detto ad oggi non è possibile avere versato più di 29 anni di contributi, incluso il 2024 per intero. Infatti, la precondizione è che il primo contributo sia stato versato a partire dal 1996.

Pensione a 64 anni difficile anche in futuro

Va da sé che negli anni futuri, gli anni di contribuzione validi per il calcolo del montante saliranno e parimenti si abbasserà l’importo da versare per maturare l’assegno minimo richiesto. In buona sostanza, andare in pensione a 64 anni sarà sempre più teoricamente facile nei prossimi decenni. Se non fosse per un altro problema: i lavoratori interamente contributivi sono gli attuali giovani (in genere, under 50), i cui stipendi si mostrano meno dinamici di quelli delle generazioni passate e le cui carriere spesso si rivelano discontinue. In pratica, da un lato hanno un maggiore orizzonte temporale per maturare il diritto, dall’altro guadagnano spesso così poco e lavorano in condizioni così precarie, da rendere anche in futuro questo canale di accesso tutt’altro che alla portata dei più.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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