Pensione anticipata a 64 anni interamente contributiva, accesso agevolato con previdenza integrativa?

L'accesso alla pensione contributiva sin dai 64 anni di età può sarebbe agevolato dal governo grazie alla previdenza integrativa.
1 mese fa
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Pensione contributiva, accesso agevolato?
Pensione contributiva, accesso agevolato? © Licenza Creative Commons

La legge di Bilancio per il 2025 deve ancora prendere forma, anche se si sa che dovrebbe aggirarsi sui 25 miliardi di euro. Uno dei capitoli che più agita la maggioranza è quella delle pensioni. Da un lato c’è la Lega che punta a Quota 41 per tutti, dall’altra Forza Italia vuole aumentare ulteriormente gli assegni minimi. Le risorse non ci sono. Il ragionamento a Palazzo Chigi è quello di consentire ritocchi al sistema previdenziale, pur “auto-finanziati”. Maggiore flessibilità in uscita, insomma, in cambio di assegni più bassi.

E c’è un punto sul quale il governo Meloni vorrebbe apportare una nuova modifica dopo quella dello scorso anno, tra l’altro oggetto di critiche degli esperti: la pensione contributiva.

Passaggio al metodo contributivo

Facciamo un passo indietro al 1995. Quell’anno la legge Dini rivoluzionò il sistema previdenziale con la previsione del metodo contributivo per il calcolo dell’assegno. Fino ad allora, l’importo di questi era legato a quello della retribuzione percepita negli ultimi anni dal lavoratore e al numero di anni di servizio svolti. Un sistema molto favorevole ai pensionati, che gradualmente è stato soppiantato. Con il contributivo, il lavoratore percepisce un assegno d’importo dipendente dai contributi versati e rivalutati chiaramente nel tempo. Anche l’età in cui si va in pensione risulta determinante: più è alta, maggiore l’assegno.

Pensione contributiva prevista con legge Dini

Il metodo retributivo continua ad essere applicato ai lavoratori che entro il 31 dicembre del 1995 hanno versato almeno 18 anni di contributi. Il metodo contributivo si applica, invece, a coloro che hanno iniziato a versare contributi dopo il 1995. C’è, infine, il sistema misto in vigore per coloro che al 1995 hanno versato meno di 18 anni di contributi. Per loro si applica pro-quota il metodo retributivo per gli anni di contribuzione fino al 2011 (anno del varo della legge Fornero), contributivo per gli anni successivi.

Tuttavia, esisteva già con la legge Dini la possibilità per i cosiddetti “contributivi puri”, coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995, di andare in quiescenza già a 64 anni di età, se in possesso di almeno 20 anni di contributi. Trattasi della pensione contributiva. Ma ad una condizione: l’importo mensile percepito dovrà risultare non inferiore a 2,8 volte l’assegno minimo. Questa soglia fu innalzata a 3 lo scorso anno, rendendo inspiegabilmente più complicato l’accesso. Fu altresì previsto il mantenimento del precedente requisito per le donne con almeno un figlio e l’abbassamento a 2,6 volte per le donne con almeno due figli.

Benefici con adesione a previdenza integrativa

Questa novità sulla pensione contributiva è stata giudicata iniqua da esperti del calibro di Alberto Brambilla. Mentre si studiano soluzioni per consentire ai lavoratori di andare in pensione prima dell’età ufficiale, si rende più difficile percorrere la stessa strada per i contributivi puri. Eppure le casse dell’Inps non ne risentirebbero nel tempo, visto che questa categoria di lavoratori percepisce esattamente quanto versato. Quest’anno, ad esempio, servirebbe avere maturato un importo mensile di oltre 1.600 euro al mese per accedere a questo beneficio previsto dalle norme previdenziali da molto tempo.

Accortosi probabilmente dell'”errore”, il governo starebbe correndo ai ripari. La prima ipotesi consisterebbe semplicemente nel tornare al vecchio requisito: pensione contributiva a 64 anni con assegno non inferiore a 2,8 volte il minimo. Resterebbe da vedere quali benefici conserverebbero le donne con almeno 1-2 figli. L’altra soluzione che si starebbe studiando, sarebbe più ingegnosa: consentire che nel calcolo dell’importo mensile rientri la rendita maturata con l’adesione a forme di previdenza integrativa.

Esempio con possibile novità del governo

Cosa sarebbe? Immaginate che Tizio abbia iniziato a lavorare nel 1997 e che abbia maturato più di 20 anni di servizio e 64 anni di età e che dai calcoli risulti avere diritto a un assegno mensile di 1.500 euro.

La sua pensione contributiva sarebbe di oltre 100 euro inferiore al limite minimo fissato per quest’anno. Tuttavia, sempre Tizio ha aderito da tempo a un fondo pensione e ad oggi ha maturato il diritto a percepire una rendita mensile di 150 euro. Sommando la sua pensione Inps con quella privata, otterrà un’entrata complessiva di 1.650 euro, superiore al limite minimo fissato per accedere al pensionamento anticipato.

Questa possibile novità avrebbe una logica. La pensione contributiva a 64 anni è stata limitata a chi potrà percepire importi relativamente adeguati, al fine di impedire che si abbiano situazioni di precarietà durante la terza età e che rischiano di riflettersi sui conti dello stato. In pratica, un lavoratore può essere allettato dall’idea di andare in pensione prima, ma rischia di percepire un assegno così basso da dover eventualmente ricorrere a una qualche forma di sostegno pubblico. Non sarebbe razionale, oltre che corretto per la generalità dei contribuenti.

Novità su pensione contributiva incentivo a previdenza integrativa

D’altra parte, il limite delle 2,8 volte l’assegno minimo risultava già abbastanza restrittivo. Averlo elevato a 3 volte sembra una misura inutilmente punitiva. E se davvero il problema sarebbe di contrastare la povertà durante la vecchiaia, ha molto senso prendere in considerazione le altre entrate certe del lavoratore, come sarebbe la rendita garantita da un fondo pensione. In questo modo, la pensione contributiva, pur sotto i minimi, non costituirebbe più un problema per la collettività. Presumibile che siano fissati alcuni limiti minimi, in ogni caso, all’importo dell’assegno Inps e/o che la rendita del fondo pensione non sia tenuta in considerazione al di sopra di un certo importo. Al rientro dalle vacanze ne sapremo di più. Di certo c’è che questa soluzione incentiverebbe l’adesione alla previdenza integrativa, consentendo agli iscritti non solo di godere di una pensione complessivamente più dignitosa, ma anche di lasciare possibilmente il lavoro con qualche anno di anticipo.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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