La riforma delle pensioni è ferma al palo, con le solite difficoltà che un qualsiasi governo incontra tra veti di Bruxelles, conti pubblici e polemiche. Perfino ritoccare opzione donna appare impossibile. Infatti l’8 maggio scorso sono state respinte le mozioni di PD e Movimento 5 Stelle che chiedevano un passo indietro sulla pensione anticipata contributiva per le donne. Che quest’anno è stata rinnovata ma con limitazioni evidenti. E se non si può ammorbidire Opzione Donna, che resta una misura piuttosto limitata come potenziali beneficiarie, figuriamoci le difficoltà a varare per esempio, una quota 41 per tutti.
Ma il cambio di guida all’INPS, ormai certo visto che i vertici dell’Istituto saranno cambiati, a partire dalla Presidenza oggi ancora di Pasquale Tridico, aprono a scenari e possibilità interessanti.
“Buonasera, ho sentito dire che nel 2024 avremo finalmente la tanto attesa riforma delle pensioni. Pare che con il cambio di Presidente l’INPS dirà di si alle nuove misure che il governo ha intenzione di varare. Ci sono possibilità che possa tornare la quota 96? Mio padre anni fa andò in pensione a 60 anni grazie a questa misura. Ed io viaggio verso i 60 anni ed ho una carriera di 35 anni di contributi che come è evidente, potrebbe essere quella giusta con il ritorno della quota 96.”
Pensione di nuovo con quota 96, ecco come e perché
Quando si parla di pensioni certezze non ce ne sono se si escludono quelle che vanno nella direzione delle misure strutturali del sistema previdenziale. Chi punta alla pensione nel 2024, non ha al momento sicurezze diverse da quelle che portano alla pensione di vecchiaia a 67 anni o alla pensione anticipata con 42,10 o 41,10 anni di contributi, rispettivamente per uomini e donne. Per il resto c’è poco altro. Probabilmente quota 41 per i precoci, oppure la pensione anticipata contributiva con combinazione 64+20 e pensione pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale (ma solo per contributivi puri).
L’Ape sociale segue la stessa strada, cioè quella che porta alla scadenza del 31 dicembre prossimo. E pure opzione donna. Poche certezze quindi anche per le misure oggi vigenti, figuriamoci per la riforma di cui parla il nostro lettore. Le notizie delle ultime settimane però sembrano spingere all’ottimismo. Per il solo fatto che il governo sembra intenzionato a cambiare guida all’INPS, con il cambio di Presidente, la speranza di una riforma sembra maggiore oggi.
Perché la riforma torna possibile adesso?
Riforma possibile dal momento che Pasquale Tridico verrà sostituito. Certo, tutto resta ancora una ipotesi. Pasquale Tridico più volte ha rimarcato il fatto che stando alla situazione attuale delle casse dell’INPS, meglio tenere la barra dritta e restare ancorati alla legge Fornero. Ma anche con un sostituto più propenso ad assecondare le voglie di riforma dell’attuale maggioranza di governo, la partita è ancora tutta da giocare. Perché i conti dell’INPS resteranno i medesimi. E le difficoltà per la riforma saranno sempre le stesse.
Il nostro lettore parla di una vecchia misura che oggi non esiste più, anche se a conti fatti opzione donna come è stata confermata quest’anno somiglia molto alla quota 96. Questa misura faceva parte del pacchetto delle pensioni di anzianità ante Fornero. Fu la riforma lacrime e sangue del governo Monti, con l’allora Ministro del Lavoro Elsa Fornero a cancellare le pensioni di anzianità passando a quelle anticipate. Con il conseguente inasprimento dei requisiti i cui effetti si sentono tutt’oggi. E la quota 96 senza dubbio è quella msiura che più nostalgici ha lasciato.
Cosa è successo alle pensioni con la riforma Fornero
Con il decreto Salva Italia del governo Monti ci fu la tanto discussa riforma delle pensioni della Professoressa Elsa Fornero. Prima di allora le pensioni di vecchiaia si centravano con 20 anni di contributi (unica cosa rimasta intatta anche oggi), ma a 65 anni di età per gli uomini e 60 per le donne (61 per le statali). Oggi invece a prescindere dal genere, tutti in pensione a 67 anni. Tutti tranne i contributivi puri (privi di versamenti al 31 dicembre 1995). Per questi serve anche che la pensione a 67 anni con almeno 20 anni di contributi, sia pari o superiore a 1,5 volte l’assegno sociale.
Le pensioni di anzianità avevano due vie. Una distaccata da limiti anagrafici ed una no. Bastavano 40 anni di contributi senza limiti di età per le pensioni di anzianità fino al 2011. Oggi le pensioni anticipate senza limiti di età si centrano con 42,10 anni di contributi per gli uomini e 41,10 per le donne. L’altra pensione di anzianità prima della Fornero era la quota 96.
Come funziona la quota 96 come pensione di anzianità
Le pensioni di anzianità, che oggi si chiamano pensioni anticipate, sono distaccate dai limiti di età. Ma la quota 96 ha un doppio requisito. Infatti all’epoca bastavano 35 anni di contributi e 60 anni di età, anche se contestualmente andava completata la quota 96. Le due possibili combinazioni quindi erano 60+35 o 61+35. Curiosamente si tratta dell’età anagrafica e di quella contributiva che oggi vale l’uscita con opzione donna. Infatti con la nuova versione di opzione donna, che recentemente ha visto mozioni e richieste delle opposizioni per dei correttivi, ha nei 60 anni l’età di uscita. E ha nei 35 anni la quota contributiva da completare.
Ma la misura è destinata solo a dipendenti di aziende con tavoli di crisi aperte, disoccupate, invalide o caregiver. La misura per alcune ha sconti fino a due anni sull’età anagrafica in base ai figli avuti (su questo le proposte di correttivi sono oggetto di diverse mozioni bocciate dal governo).
Estendere opzione donna a tutti? si tornerebbe alla quota 96, ma contributiva
Ciò che fa tornare di attualità una misura ormai da oltre 10 anni cessata come quota 96 è l’ipotesi di una pensione contributiva per tutti come opzione donna. Una ipotesi che tempo fa era sul tavolo delle discussioni. Infatti considerando opzione donna come una misura low cost per le casse dello Stato, la pensione di nuovo con quota 96 sarebbe possibile. Consentire a tutti a 60 anni con 35 anni di contributi di optare per il pensionamento, anche a costo di rimetterci come assegno riporterebbe quota 96 in campo. Il costo contenuto per le casse dello Stato e quindi dell’INPS parte proprio dal fatto che la misura prevede una penalizzazione di assegno per chi la sceglie per lasciare il lavoro.
Un taglio che nel lungo termine favorirebbe l’INPS consentendo all’Istituto di recuperare una parte del costo dell’anticipo dato al lavoratore. In pratica si potrebbe materializzare una quota 96 per tutti. A condizione che l’interessato accetti di perdere anche oltre il 30% di pensione per il resto della vita.