Pensione di reversibilità coppie non sposate, spettano anche gli arretrati?

Non tutte le coppie unite civilmente hanno diritto alla pensione di reversibilità. Ecco cosa ha deciso la Cassazione.
3 anni fa
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Le coppie di fatto hanno diritto alla pensione di reversibilità? È questa una delle domande più frequenti che si pongono i conviventi qualora uno dei due venisse a mancare.

Ebbene la legge numero 76 del 2016, nota anche come legge Cirinnà sulle unioni civili, equipara la coppie di fatto a quelle unite in matrimonio e quindi, a tutti gli effetti, scattano gli stessi i diritti previsti per i coniugi.

Pensione di reversibilità e unioni civili

Pertanto la legge sulle unioni civili e convivenze, riconosce il diritto al partner superstite di una coppia unita civilmente, la pensione di reversibilità.

Ciò deriva nello specifico dalla cosi detta “clausola di equivalenza” di cui parla l’art. 1, comma 20 della legge 76/2016.

Detto questo, vale la pena soffermarsi anche su un’altra questione. La norma vale anche in senso retroattivo? Cioè, se il compagno o la compagna è deceduto prima dell’entrata in vigore della legge, il superstite ha diritto alla pensione di reversibilità?

Sul punto si sono tenuti diversi dibattiti e solo recentemente la Corte di Cassazione a chiarito come stanno le cose. Come confermato di recente con ordinanza del 30 settembre 2021 n.26651, i giudici hanno riconosciuto la legge 76 del 2016 non è retroattiva.

Pertanto, a seguito di ampi dibattimenti giuridici, si è arrivati alla conclusione che solo per le coppie che hanno potuto formalizzare la loro unione dopo l’entrata in vigore della legge sorge diritto alla pensione di reversibilità.

Chi sono i superstiti che hanno diritto

Fra i superstiti aventi diritto alla pensione del pensionato o del lavoratore deceduto vi sono in via principale il coniuge (o la persona convivente unita civilmente) e i figli, ma possono beneficiarne anche i fratelli e le sorelle.

Il diritto alla pensione di reversibilità sorge al momento del decesso del pensionato o del lavoratore avente diritto alla pensione e ha lo scopo di fornire sostegno economico alla famiglia.

Per godere della pensione diretta (qualora il convivente non sia ancora in pensione) è necessario che l’assicurato abbia versato almeno 15 anni di contributi nel corso della vita assicurativa o, in alternativa, almeno 5 anni di contributi di cui 3 negli ultimi cinque.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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