Pensione di reversibilità, divorzio e separazione, ecco come salvare il trattamento

Ecco quando la pensione di reversibilità spetta anche in caso di separazione e divorzio, cosa prevede la normativa in vigore e cosa sanciscono i giudici dei Tribunali.
1 mese fa
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pensione reversibilità
Foto © Investireoggi

Il diritto alla pensione di reversibilità è previsto dalla legge, ma soggetto a specifiche regole e precisi vincoli. Molti si chiedono se la pensione di reversibilità si perda o non venga concessa in caso di separazione o divorzio. Le regole variano a seconda dei casi, poiché ci sono condizioni da rispettare. Ecco una guida dettagliata alla pensione di reversibilità per i divorziati e i separati.

Pensione di reversibilità: cosa dice la normativa e cosa si legge sul sito dell’INPS

La pensione di reversibilità spetta al coniuge e ad altri parenti che rispettano determinati requisiti.

In particolare, per quanto riguarda il coniuge, come si legge sul sito dell’INPS, essa spetta sia al coniuge che all’unito civilmente, ma anche al coniuge separato e al divorziato che sia titolare dell’assegno divorzile e non si sia risposato. Tuttavia, è necessario che la data di scioglimento del matrimonio, con conseguente cessazione degli effetti civili, sia successiva alla data di iscrizione del defunto alla previdenza sociale.

Come vedremo, un nuovo matrimonio del beneficiario della pensione di reversibilità fa decadere il diritto alla prestazione. Se il nuovo matrimonio è contratto prima del decesso dell’ex coniuge, il diritto alla reversibilità si perde. Tuttavia, come specificato sul sito dell’INPS, il coniuge che si risposa ha diritto a un assegno una tantum pari a due annualità della quota di pensione in pagamento, inclusa la tredicesima mensilità, secondo il meccanismo della doppia annualità.

Pensione di reversibilità, divorzio e separazione: ecco come salvare il trattamento

Il primo aspetto da considerare è che la pensione di reversibilità non si perde automaticamente in caso di separazione o divorzio. O almeno, non sempre si perde il diritto alla reversibilità.

Il diritto alla pensione di reversibilità spetta anche dopo una separazione o un divorzio, come previsto dalla normativa vigente. Questa è inoltre l’interpretazione generalmente adottata dai giudici, chiamati più volte nel corso degli anni a dirimere contenziosi e ricorsi su questa materia complessa, regolata da normative precise.

Va inoltre sottolineato che tutto ciò che riguarda la pensione di reversibilità si applica anche alla pensione indiretta. La pensione di reversibilità riguarda, ad esempio, il coniuge di un pensionato deceduto, mentre la pensione indiretta è destinata al coniuge di un defunto che non aveva ancora raggiunto i requisiti per la pensione.

Pensione in caso di separazione e divorzio: come funziona?

La pensione ai superstiti spetta sempre al coniuge separato, e anche al coniuge divorziato, ma con condizioni ben precise. Il divorziato, infatti, non deve essersi risposato, deve essere titolare dell’assegno di mantenimento da parte dell’ex coniuge defunto e la data di iscrizione alla previdenza obbligatoria del defunto (il primo contributo versato) deve essere antecedente alla sentenza di divorzio. In sintesi, se il decesso di un pensionato avviene prima del divorzio e durante la separazione, l’ex coniuge ha sempre diritto alla reversibilità.

Negli ultimi anni, la giurisprudenza ha abbandonato l’applicazione del vincolo relativo all’assegno di mantenimento per concedere la pensione di reversibilità ai separati. In passato, infatti, il trattamento era concesso solo a chi era titolare degli alimenti.

Rimane comunque il vincolo legato a un nuovo matrimonio: anche il coniuge separato che si risposa perde il diritto al mantenimento. Inoltre, restano da rispettare i vincoli reddituali per ottenere l’intera pensione di reversibilità. Infatti, l’importo pieno, pari al 60% della pensione percepita dal defunto, è corrisposto solo se il reddito del superstite non supera tre volte il valore della pensione minima prevista dall’INPS.

Se il reddito è compreso tra tre e quattro volte il trattamento minimo INPS, la pensione di reversibilità si riduce del 25%. Per redditi superiori a quattro volte e fino a cinque volte il trattamento minimo, la riduzione è del 40%.

Mentre per redditi ancora più elevati la decurtazione arriva al 50%.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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