Pensione di vecchiaia a 71 anni, ma c’è chi non ci riesce nemmeno a quella età

Ecco chi può andare in pensione di vecchiaia a 71 anni e chi invece viene escluso perché contano le date di accredito dei contributi.
1 anno fa
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Fu la legge Dini, che tra l’altro ha inserito il sistema contributivo, a varare la pensione a 71 anni con 5 anni di contributi. Si tratta della pensione di vecchiaia contributiva, e fino al 31 dicembre resta in vigore un vincolo particolare per le pensioni di vecchiaia ordinarie per chi non ha contributi versati in epoca retributiva. Una nostra lettrice ci chiede se può accedere alla prestazione visto che fino a oggi non ha mai avuto la gioia di una sua pensione diretta.

Ma le regole di questa misura, anche a 71 anni, sono assai rigide e molto particolari.

“Mi chiamo Maddalena e sono una donna che vive con la pensione del marito. Essendo il nostro reddito più alto rispetto ai limiti previsti per l’assegno sociale, non ho mai avuto la possibilità di prenderlo. Però mi trovo con 6 anni di contributi versati che credo mi consentano adesso di accedere alla pensione visto che ho compiuto questo mese 71 anni di età. Ho due anni pieni dal 1990 al 1992 e poi ho lavorato a periodi frammentati dal 1997 al 2004. In totale, come vi dicevo, ho 312 settimane di contributi. Per la pensione a 71 anni ne bastano 260. Secondo voi posso prendere qualcosa, e se sì, quanto posso prendere?”

Pensione di vecchiaia a 71 anni, ma c’è chi non ci riesce nemmeno a quella età

Dal 1995 vige la pensione di vecchiaia a 71 anni di età con un minimo di 5 anni di contribuzione. La misura è figlia della riforma Contributiva di Lamberto Dini. Ma si tratta di una misura destinata esclusivamente a chi non ha periodi di contribuzione antecedenti il 1° gennaio 1996. Pertanto, nulla da fare per la nostra lettrice.

Avesse avuto 5 anni tutti dopo il 1995, poteva avere accesso alla prestazione. Che essendo contributiva, avrebbe erogato una pensione di importo commisurato ai versamenti effettuati. E rivalutati anno dopo anno al tasso di inflazione, fino alla data di uscita.

Contributi che avrebbero dato una pensione dopo essere stati trasformati in rendita per dei coefficienti di trasformazione che a 71 anni di età sono molto migliori di quelli che si usano a 67 anni per la pensione di vecchiaia ordinaria.

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A dire il vero, la pensione a 71 anni è riservata oltre a lavoratori che rientrano nel sistema contributivo puro, anche per quelli che possano optare per il cumulo in Gestione Separata INPS. In questo caso però 5 anni sono insufficienti dal momento che per l’opzione in Gestione Separata, servono almeno 15 anni di versamenti. Questa particolare misura si sposa alla pensione di vecchiaia che per i contributivi puri non si prende se non si arriva a un trattamento pari o superiore a 1,5 volte l’assegno sociale.

Infatti molti contributivi puri, non riuscendo a completare questo terzo requisito oltre ai canonici 67 anni di età e 20 anni di contributi, devono aspettare i 71 anni per andare in quiescenza. In pratica, una via di salvaguardia per chi non riesce ad arrivare a un importo di pensione soddisfacente per il terzo requisito. Comunque questo vincolo dal 2024 scompare. Il governo ha deciso di dare la possibilità di pensionamento anche ai contributivi puri, a prescindere dall’importo della pensione. Basta arrivare a 67 anni di età e 20 di contributi. Senza dover aspettare i 71 anni, come spiegato in precedenza.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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