Altro che Quota 102, “una polpetta avvelenata”, nel comparto Scuola l’Italia dovrebbe allinearsi all’Europa e non ostinarsi a procedere controcorrente. L’obiettivo dovrebbe essere la pensione a 58 anni, calcolata all’80% dell’ultimo stipendio. A parlare è Marcello Pacifico, a capo del sindacato autonomo Anief. Gli insegnanti della Scuola italiana vanno in pensione troppo tardi?
“In Europa si va i n pensione a 63 anni e senza penalizzazioni. In Italia a 67 e con un sistema che per le nuove generazioni prevede come assegno al massimo la metà dell’ultimo stipendio. Basta riforme sulla pelle dei contribuenti. La politica riduca i costi e scorpori dall’INPS tutte le uscite non legate alla previdenza”.
Con questo commento il portavoce Anief boccia tout court l’idea del Governo di portare da 62 anni a 64 anni il requisito anagrafico per la Quota 100 insegnanti (che diventerebbe dunque Quota 102).
Lapidaria la presa di posizione dell’Anief rispetto all’idea di Quota 102 con calcolo contributivo: “Riteniamo la proposta offensiva per i lavoratori italiani perché si sta semplicemente tentando di poterli mandare in pensione sempre più tardi e con assegni quasi dimezzati rispetto a chi ha lasciato l’attività lavorativa solo pochi anni fa. Invece di agire legislativamente sulla riforma Fornero, si stanno strategicamente escogitando dei modelli di anticipo irricevibili: un lavoratore con oltre 35 anni di contributi ha pieno diritto di andare in pensione, senza essere per questo vessato da norme inique. L’assegno di coscienza non deve prevedere ricalcoli perdere e i gli attuali 62 anni minimi di ‘Quota 100’ non vanno toccati”.
Per tutti questi motivi il sindacato ritiene che “Chi insegna in Italia dovrebbe andare in pensione a 58 anni e con l’80 per cento dell’ultimo stipendio, con una tassazione agevolata al 20% come in Germania dove però a fine carriera si guadagna persino il doppio”.