La pensione donne dal 2022 potrebbe diventare un rebus. Il governo ha appena licenziato la proposta di manovra per la riforma delle pensioni che il Parlamento dovrà approvare entro fine anno. Con importanti novità.
La proposta di Draghi si basa in sostanza su un meccanismo che dovrebbe sostituire quota 100, in scadenza, con quota 102. Innalzando l’età pensionabile a 64 anni. Contemporaneamente sparirebbe opzione donna.
Pensione donne 2022, cosa cambia
Il governo, sostanzialmente, agisce sulla leva dell’età pensionabile per contenere i costi a bilancio.
Le lavoratrici hanno infatti beneficiato finora della possibilità di uscita anticipata dal lavoro a 58 anni (59 per le autonome) con almeno 35 anni di contributi. Ma accettando un taglio anche pesante della pensione che è calcolata interamente col sistema contributivo.
Dal prossimo anno, però, nessuno potrà più andare in pensione con questi requisiti. E il governo punta a recuperare risorse economiche ripristinando una finestra d’uscita non inferiore ai 63 anni di età (Ape Sociale).
Le alternative senza Opzione Donna
Ci si chiede allora come potranno andare in pensione le donne a partire dal 2022. Se la proposta del governo dovesse passare al vaglio del Parlamento, il rischio è che le lavoratrici debbano attendere 64 anni, come gli uomini. Quota 102, infatti, prevede per entrambi i sessi il pensionamento anticipato fino al 2024 solo al raggiungimento di questa soglia di età. Con almeno 38 anni di contributi.
Una forte penalizzazione rispetto a Opzione Donna che consente l’uscita fino al 31 dicembre 2021 a 58-59 anni e con meno contributi versati.
In alternativa dovrebbe rimanere Ape Sociale che prevede l’anticipo pensionistico a 63 anni di età con almeno 30 anni di contributi. Sei anni in più di lavoro se si tratta di occupazioni gravose e usuranti. Ma anche qui il progetto di riforma di Ape Sociale è al vaglio del Parlamento che dovrà approvare la proroga alla luce dell’aggiornamento della lista dei lavori usuranti per il 2022.
Insomma, pare che Opzione Donna, benché penalizzante per chi l’accetti, non sia stata gradita dal governo. Ma non è detto che il Parlamento alla fine la tenga in piedi trovando una soluzione a metà strada. Anche in ossequio al principio di riservare maggior tutela previdenziale alle lavoratrici nel nostro Paese.