“Paese che vai, usanze che trovi”, recita un vecchio detto. Verissimo, naturalmente. Del resto, se non fosse vario, il mondo non sarebbe nemmeno bello. Il problema è che, al di là delle varie culture, tradizioni e folklori vari, qualunque Nazione, europea e non, ha anche un suo vissuto ordinario. E dal momento che non tutti scelgono di cambiare aria per semplice turismo, è bene sapere che le beghe fiscali, tassative e burocratiche non sono una mera esclusiva italiana. Detto questo, la scelta di ricostruirsi una vita in un nuovo Paese non è mai (o quasi mai, chiaramente ragionando su situazioni ordinarie) frutto di decisioni avventate.
Una scelta ponderata
Per i pensionati, comunque, il discorso è diverso. Cambiare aria con una maturità ormai acquisita, presuppone un ragionamento decisamente più pragmatico (a cominciare dagli importi percepiti) rispetto al desiderio di costruirsi una dignitosa vita lavorativa. In questi casi, infatti, l’attenzione viene convogliata prettamente sul piano fiscale. O meglio, sulla migliore condizione possibile per quel che riguarda la tassazione sull’assegno percepito. Questo non toglie che, anche fosse questa la ragione, un passo del genere richiederebbe ugualmente coraggio e valutazioni approfondite. Anche se con lo sgravio di una carriera lavorativa ormai consumata e prospettive di vita diverse rispetto a chi è solo agli inizi del suo percorso professionale (o nel suo pieno svolgimento).
Pensione all’estero, i fattori decisivi
Resta comunque necessario un supplemento nel ragionamento complessivo. Tanto per capire se un semplice scostamento di poche centinaia di euro potrebbe, di per sé, rendere realmente conveniente piantare le tende in altri lidi. In gioco non c’è solo la stabilità economica ma anche l’accesso ai servizi, dalla sanità all’amministrazione, passando per il welfare, le condizioni climatiche e, perché no, eventuali opportunità di nuove carriere. Voci di un bilancio che, per avallare il passo, dovrà per forza di cose essere valere la candela. Resta comunque il “fascino” della pensione all’estero come vera e propria soluzione per godersi gli anni del riposo senza troppo stress fiscale. Tutte le elucubrazioni varie partono da qui. Il passo successivo sarebbe quello di vagliare le varie mete e capire quale potrebbe fare al proprio caso. Magari un Paese sul mare, piuttosto che mitigato da un clima piacevole… Sempre tenendo presente che sono i benefit fiscali a fare da motore.
Fascino lusitano
Sul dove andare dopo la pensione, sempre che vi sia una reale intenzione di cambiare panorama, incidono quindi diversi fattori. Tuttavia, il campo delle mete non è poi così ampio. Perlomeno non se a essere ricercata è una dose minore di stress da tassazione.
L’Est Europa
Per gli amanti dell’Est Europa, un paio di occasioni interessanti arrivano dai Carpazi e dai Balcani. Nel primo caso, il centro d’attrazione è la Romania, meta particolarmente gettonata per il suo mercato immobiliare sostenibile anche per i redditi meno ingenti, oltre che per una tassazione che si attesta a circa la metà di quella italiana. Un ruolo fondamentale è giocato anche dalla lingua: l’italiano è piuttosto diffuso in Romania e anche le tradizioni gastronomiche sono abbastanza speculari. Nella Penisola balcanica, invece, la parte del leone la fa la Bulgaria, dove lo zoccolo duro degli italiani in pensione pare sempre maggiore. A incidere, in questo caso, è il tenore di vita: a fronte di una capacità di spesa media simile a quella italiana, l’incidenza dei costi è di circa la metà.