Le pensioni a febbraio non aumentano. Anzi per molti l’assegno sarà più basso di quello di gennaio. E il motivo è riconducibile sostanzialmente ai giochetti che il fisco applica sui ritardi dei pagamenti. Cose trascurabili si potrebbe dire, ma che sui grandi numeri cubano milioni di euro.
E se a pagare e a morire c’è sempre tempo, per il debitore un giorno di ritardo su milioni di pensionati sono soldi. E il debitore è lo Stato italiano che ha deciso, con una scusa riconducibile a questioni tecniche, di posticipare le rivalutazioni a marzo 2023.
Pensioni di febbraio più basse
Nulla di particolarmente preoccupante, visto che saranno corrisposti gli arretrati di gennaio e febbraio degli aumenti previsti. Tuttavia c’è sempre da aspettare fino all’ultimo prima di vedersi riconoscere qualcosa dallo Stato. Mentre quando si tratta di pagare, le pretese hanno sempre scadenze ben precise e ravvicinate. Senza scuse.
C’è da precisare che finora hanno ricevuto i soldi della rivalutazione (+7,3%) i pensionati con assegni fino a 2.101,52 euro al mese. Una decisione che ha permesso finora ai pensionati meno abbienti di ricevere subito la rivalutazione degli assegni. Mentre per tutti gli altri bisognerà attendere ancora un pochino.
Ma perché le pensioni di febbraio per questi ultimi potrebbero essere più basse di quelle di gennaio? Il motivo sta essenzialmente nelle tasse. L’Inps, agendo da sostituto d’imposta, preleva mensilmente l’Irpef e le addizionali regionali e comunali dal rateo di pensione. A gennaio-marzo, poi, sono spesso previsti i conguagli per l’anno precedente. E qualcuno potrebbe vedersi applicate trattenute maggiori.
La rivalutazione a metà
Nel frattempo gli aumenti, per chi percepisce più di 2.101,52 euro al mese, non arrivano. Ma bisogna comunque pagare e le trattenute scattano in automatico. Per una rapida presa visione dei calcoli effettuati dall’Inps, si può consultare i ratei di pensione 2023 accedendo al cedolino di febbraio.
Riassumendo, quindi, chi percepisce pensioni fino a 2.101,52 euro di importo lordo non vedrà ulteriori aumenti a febbraio perché i loro assegno sono già stati incrementati dal 1 gennaio (circolare n. 135 del 22 dicembre 2022).
Chi, invece, percepisce importi di pensione superiori si vedrà accreditare i rispetti adeguamenti previsti a partire da marzo 2023, ma non nella misura piena del 7,3%. La legge di bilancio prevede infatti che gli assegni siano rivalutati in maniera inversamente proporzionale all’importo della pensione:
- 100% fino a 4 volte il trattamento minimo
- 85% da 4 a 5 volte il trattamento minimo
- 53% da 5 a 6 volte il trattamento minimo
- 47% da 6 a 8 volte il trattamento minimo
- 37% da 8 a 10 volte il trattamento minimo
- 32% oltre le 10 volte il trattamento minimo