Pensione in due quote nel 2023 con penalizzazione limitata

Una proposta di riforma delle pensioni divide l'assegno in due quote ma con flessibilità.
2 anni fa
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Di proposte relative alla riforma delle pensioni se ne susseguono molte. Nuove pensioni anticipate con 41 anni di contributi per tutti, oppure uscite anticipate con calcolo contributivo dell’assegno. C’è chi intende far salire le minime che sono troppo basse. In altri termini il 2023 potrebbe essere un anno assai particolare per le pensioni. Molto potrebbe cambiare sia per chi la pensione la prende già, che per chi punta ad andarci. E c’è una proposta che potrebbe essere davvero una valida soluzione alla riforma del sistema previdenziale di cui molti parlano.

E dal momento che è una proposta che parte dall’INPS, le possibilità di una sua introduzione non sembrano campate in aria.

“Ho sentito parlare della pensione anticipata a 62 o 63 anni divisa in due quote, una retributiva ed una contributiva. Sono un lavoratore che ha compiuto 62 anni di età a marzo del 2022. Ho 34 anni di contributi versati e nel 2023 vorrei accedere alla pensione, se è possibile naturalmente. Magari sfruttando questa pensione in due quote che se non ricordo male e sarà proposta da Pasquale Tridico”.

La proposta sulle pensioni di Pasquale Tridico, presidente dell’INPS

Da tempo il numero uno dell’Istituto previdenziale italiano, cioè Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, ha proposto una sua particolare misura previdenziale idonea a dotare il sistema della flessibilità in uscita. La sua proposta è quella di concedere la pensione in anticipo ai lavoratori che scelgono di uscire in anticipo, accettando però immediatamente solo la parte contributiva della prestazione. E a questa misura che sicuramente fa riferimento il nostro lettore. Naturalmente nulla è certo dal momento che si parla di proposte e quindi di ipotesi. Resta il fatto che leggendo tra le righe ciò che il presidente dell’INPS propone, si tratterebbe di una misura diversa da qualsiasi altra. Un nuovo strumento previdenziale che potrebbe essere una soluzione valida per i problemi del sistema dal momento che graverebbe anche relativamente poco sulle case dello Stato.

Pensioni in anticipo ok, ma con un occhio alle casse dello Stato

Non c’è ipotesi di riforma del sistema previdenziale che non parta dalla sostenibilità per lo stesso sistema. Infatti sono le casse dello Stato quelle che da anni ingessano qualsiasi ipotesi di riforma per la previdenza. Troppo costose alcuni ipotesi come per esempio la Quota 41 per tutti. Per questo ogni nuova misura parte dalla sostenibilità. In termini pratici significa far pagare anche al pensionato una parte dell’esborso che l’Inps dovrebbe sostenere per concedere le pensioni anticipate. In pratica misure di pensionamento anticipato potrebbero nascere solo se con alcune penalizzazioni di assegno. Ipotesi questa che non è lontana dalla realtà, perché anche la UE spinge verso questa direzione.

Cosa propone Pasquale Tridico

In base a questo scenario la proposta del presidente dell’INPS è molto interessante. Infatti si potrebbe passare ad una misura previdenziale che a 62 o 63 anni concede l’anticipo pensionistico ma con calcolo contributivo della prestazione. Una facoltà di uscire dal lavoro prendendo un assegno ridotto da un calcolo notoriamente penalizzante per il pensionato stesso. Una penalizzazione però che sarebbe temporanea e che accompagnerebbe il pensionato fino ai 67 anni di età quando riuscirà finalmente a prendere la pensione ordinaria. Dai 62 o 63 anni prima e fine ai 67, l’interessato avrebbe un trattamento provvisorio calcolato con il sistema contributivo. Solo a 67 anni lo stesso pensionato potrebbe fruire della pensione effettivamente spettante, e quindi con l’aggiunta della parte retributiva dell’assegno.

Cosa perdono gli interessati con l’ipotetica nuova misura

Se davvero questa misura farà capolino nel 2023, il nostro lettore potrebbe avere le caratteristiche idonee a sfruttarla. Avendo abbondantemente superato i 30 anni di contributi è probabile che abbia una buona dote di versamenti nel sistema retributivo.

Questo significa che uscendo dal lavoro il nostro lavoratore percepirebbe un assegno tra il 15 e il 30% tagliato rispetto alla pensione teoricamente spettante a 67 anni. Sarà poi a questa età, quando il nostro lettore entrerà nel perimetro della pensione di vecchiaia ordinaria, che l’INPS provvederà al ricalcolo dell’assegno aggiungendo anche la parte retributiva e portando la pensione a quella effettivamente spettante. Torniamo a dire che si tratta di una semplice ipotesi, che fa riferimento ad una proposta che non è stata ancora accettata e di cui naturalmente non si sanno ancora i dettagli specifici sia sulla penalizzazione che sul meccanismo.

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