Il momento esatto in cui smetterai di lavorare: su cosa si basa la stima e come farsi trovare pronti

Per andare in pensione occorre raggiungere requisiti anagrafici e contributivi prestabiliti. Di base, più si ritarda l’uscita maggiore è l’assegno.
2 anni fa
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Andare in pensione è sempre un rebus. Anche per via delle regole che continuano a cambiare creando confusione fra i lavoratori e sulle aspettative di uscita dal mondo del lavoro. Oltretutto vi sono importanti differenza fra settore privato e pubblico.

Quello che bisogna conoscere essenzialmente sono i requisiti anagrafici e contributivi. Ovviamente prima si accede alla pensione meno soldi si prenderanno e questo è un principio assodato da tempo. Al contrario, più si tarda l’uscita maggiore sarà l’assegno. Ma vediamo quali sono le vie d’uscita previste per il 2023.

Pensione vecchiaia e anticipata

A parte gli scivoli pensionistici per i dipendenti del settore privato (isopensione, contratti di espansione, contratti di solidarietà), la pensione ordinaria si ottiene al raggiungimento di una certa età con una soglia minima di contributi versati.

Per l’esattezza, le regole Fornero prevedono che i requisiti per la pensione di vecchiaia si raggiungono oggi al compimento dei 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi. Coloro che non centrano questa seconda soglia dovranno attendere 71 anni quando basteranno solo 5 anni di contributi. In questo caso, però, la pensione sarà molto bassa e nemmeno integrabile al trattamento minimo.

In alternativa alla vecchiaia è prevista la pensione anticipata. Cioè l’uscita dal lavoro con almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne indipendentemente dall’età anagrafica.

Per quanto riguarda le altre opportunità di pensione anticipata, è stata introdotta per solo quest’anno Quota 103. Il diritto alla pensione è riservato a coloro che compiono 62 anni e hanno alle spalle almeno 41 anni di contributi.

Le uscite anticipate possibili per il 2023

Altre forme di pensione anticipata sono previste con Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 41 per lavoratori precoci. Tutte queste formule prevedono, però, il raggiungimento di un requisito contributivo ben superiore a quello previsto per la pensione di vecchiaia.

Ape Sociale prevede il possesso di almeno 30 anni di contributi. Per i lavoratori usuranti ne servono però 36 (per edili e ceramisti ne bastano 32), purché il lavoro sia svolto negli ultimi anni di carriera. E comunque non sia inferiore a un certo periodo lavorativo.

Fino al 2026, poi, resta ancora valida Quota 41 per i lavoratori precoci, cioè per coloro che hanno iniziato a lavorare da giovanissimi. Il requisito indispensabile per accedervi è quello di aver versato almeno 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. Di questi, almeno 12 mesi devono essere maturati prima del compimento dei 19 anni di età.

Per le lavoratrici, infine, è ancora possibile accedere alla pensione anticipata prevista da Opzione Donna. Il diritto matura al raggiungimento di 60 anni di età (con sconto massimo di 2 anni in presenza di figli) con almeno 35 anni di contributi. Da quest’anno, però, è necessario anche rientrare in una delle condizioni soggettive introdotte dalla Legge di bilancio. E ciò essere caregiver, licenziate o invalide al 74%. La pensione, in questo caso, è calcolata solo col sistema contributivo e quindi è penalizzante.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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