Da quando sulle pensioni è stata introdotta la quota 41 per i precoci, quest’ultima definizione, legata a chi ha iniziato a lavorare da giovane, ha variato natura. Per la quota 41 per i precoci, l’età importante è quella dei 19 anni. Nel sistema previdenziale italiano però, precoce è una parola che sempre è stata utilizzata. Perché significa aver lavorato prima di aver compiuto la maggiore età. E il sistema in alcuni casi premia questi lavoratori, ben più di quanto è possibile fare con la quota 41 oggi in vigore.
“Buonasera, volevo chiedervi una spiegazione riguardo al fatto che posso essere considerato precoce. Ho iniziato a lavorare a 16 anni, regolarmente assunto. Ormai vado verso i 63 anni ma non riesco ad arrivare a 41 anni di contributi. Mi manca un anno circa. Ma la quota 41 è per i precoci. Dal momento che ho lavorato già a 16 anni, tutti gli anni di lavoro prima dei 19 anni valgono di più? Se così fosse forse potrei raggiungere la soglia, lasciando il supermercato dove ormai lavoro da anni.”
Il lavoro precoce e le sue sfaccettature per le pensioni: quota 41 è ok?
Partiamo da quanto detto in premessa. La quota 41 oggi in vigore è detta per precoci dal momento che dei 41 anni di contributi versati, almeno uno, continuo o discontinuo, deve essere stato versato prima dei 19 anni di età. La misura però non si rivolge a tutti, ma solo a chi rientra in alcune particolari categorie di tutela. Si va dagli invalidi ai caregiver, dai disoccupati senza Naspi da 3 mesi, ai lavori gravosi. Considerare la quota 41 precoci per tutti non è giusto quindi. E il nostro lettore, lavorando in un supermercato, non rientra nei lavori gravosi. Le uniche vie per poter puntare la quota 41 precoci sono quelle che passano dalle invalidità o dai familiari invalidi da assistere.
Cosa guadagna chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni di età
Fu la legge n° 335 del 1995, cioè la cosiddetta riforma Dini che inserì la definizione precoci nel sistema. L’articolo n° 1 comma n° 7 di quella legge infatti stabiliva un incremento del 50% della contribuzione versata per i periodi lavorativi svolti durante la minore età. Si tratta della maggiorazione contributiva che il nostro lettore cita. La riforma delle pensioni di Lanfranco Dini è passata agli annali per l’inserimento nel sistema della pensione contributiva. E questo è un fattore importante per capire a chi può essere destinata la maggiorazione del 50% dei contributi versati prima dei 18 anni di età da un lavoratore.
Il vantaggio solo per i contributivi
Il collegamento delle pensioni contributive con i precoci è fondamentale per comprendere chi può godere della maggiorazione del 50%. Una maggiorazione quindi che consente a chi ha lavorato 12 mesi prima dei 19 anni, di far valere 18 mesi di contributi per la sua ipotetica pensione. Infatti la maggiorazione si materializza proprio con un vantaggio che i lavoratori precoci ma contributivi hanno sui contributi versati. La maggiorazione contributiva precoci riguarda il lavoratore che ha il primo contributo versato dopo il 31 dicembre 1995. Solo per questi 12 mesi di contributi possono valere, come già detto, 18 mesi. I contributi versati fino al compimento dei 18 anni valgono 1,5 volte quindi, ma solo per il diritto alla pensione. La maggiorazione serve cioè per raggiungere i requisiti minimi per le pensioni, ma non incidono sul calcolo dell’assegno, anche perché contributivo come dicevamo.