Quota 100 è ormai in dirittura d’arrivo, chi è in possesso dei requisiti richiesti – quindi – potrà richiedere il riconoscimento della pensione anticipata fino al 31 dicembre 2021, dopo di che entrerà in vigore un nuovo sistema. Attualmente, sull’argomento (e le possibili soluzioni) si stanno interrogando e confrontando sindacati e Governo.
Così come stanno oggi le cose, gli scenari possibili sono due:
- il ritorno alla legge Fornero;
- oppure il ricorso ad altre forme di pensionamento anticipato.
Ma quali sono le alternative possibili a Quota 100? Mentre l’Esecutivo pensa già ad una riforma del sistema pensionistico e previdenziale, in linea anche con i nuovi impegni UE, è certo che ai lavoratori sarà ancora concessa l’uscita anticipata dal lavoro, ma probabilmente ricorrendo ad altri meccanismi.
Anche APE sociale e Opzione donna in scadenza: quali sono le intenzioni del Governo dopo Quota 100?
Erroneamente a quanto diversi hanno riportato, il pensionamento anticipato con APE sociale o Opzione Donna non può essere considerato un’alternativa ancora valida dopo Quota 100. Si tratta infatti di meccanismi di uscita anticipata dal lavoro ancora validi oggi, ma in scadenza – anche loro – al 31 dicembre 2021.
APE sociale, in pensione a 63 anni
Per quanto riguarda l’anticipo pensionistico con APE sociale, infatti, si tratta di una misura sperimentale in vigore dal 1° maggio 2017 la cui scadenza, in seguito a successivi interventi normativi, è stata prorogata fino al 31 dicembre 2021.
In questo caso l’indennità è a carico dello Stato ma viene erogata dall’Inps.
Possono farne richiesta i soggetti che si trovano in determinate condizioni (individuate dalla legge), che abbiano compiuto almeno 63 anni di età e che non siano già titolari di pensione diretta in Italia o all’estero. L’indennità è corrisposta, a domanda, fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, ovvero fino al conseguimento della pensione anticipata o di un trattamento conseguito anticipatamente rispetto all’età per la vecchiaia.
Opzione donna, in pensione prima di 60 anni
La cosiddetta “Opzione donna”, invece, è un trattamento pensionistico calcolato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo ed erogato, a domanda, in favore delle lavoratrici dipendenti e autonome che hanno maturato i requisiti previsti dalla legge entro il 31 dicembre 2020. Le lavoratrici, in questo caso, conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico trascorsi:
- 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, nel caso in cui il trattamento pensionistico sia liquidato a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti;
- 18 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, nel caso in cui il trattamento sia liquidato a carico delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi.
Pertanto, le contribuenti che hanno raggiunto i requisiti previsti entro il 31 dicembre 2020 possono conseguire il trattamento pensionistico anche successivamente alla prima decorrenza utile. In ogni caso, va specificato, la decorrenza del trattamento pensionistico non può essere comunque anteriore al 2 gennaio 2021.
Possono accedere a questo tipo di pensione anticipata le lavoratrici che abbiano maturato, entro il 31 dicembre 2020 appunto, un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni ed un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome).
Quali sono le intenzioni del Governo?
Mentre su Quota 100 il Governo è stato categorico, confermando che l’intenzione è quella di non riconoscere alcuna proroga, nulla è stato ancora confermato su Opzione donna e APE sociale. Non è chiaro, quindi, se gli interventi di riforma confermeranno queste due forme di pensionamento anticipato.
In entrambi i casi i meccanismi potrebbero essere prorogati così come li conosciamo oggi, oppure essere rivisti e adattati alle nuove esigenze.
Cosa ci aspetta dopo Quota 100?
Con l’avvicinarsi della fine dell’anno, Governo e sindacati si sono messi già a lavoro per portare a casa una riforma pensionistica prima del 31 dicembre 2021. Bisogna quindi garantire l’accesso alla pensione anticipata, ma superando quello che è l’attuale meccanismo previsto da Quota 100.
Tra le opzioni al vaglio, ci sarebbe una conferma dell’APE sociale, ma rivedendola. Nello specifico, pare che il ministro del Lavoro Andrea Orlando stia valutando la possibilità di prorogare la misura sperimentale estendendola. In questo modo si allargherebbe la platea di soggetti che possono richiedere l’uscita anticipata dal lavoro. L’obiettivo, in particolare, è quello di coinvolgere quelli rimasti fuori da Quota 100 (ma che ormai avevano maturato i requisiti, pur non potendone più usufruire per via della scadenza).
La soluzione numero due, invece, è la cd. Quota 41. Ora, se ai fini di Quota 100 è richiesto:
- la cessazione del rapporto di lavoro dipendente;
- nel periodo compreso tra il 2019 e il 2021, di un’età anagrafica non inferiore a 62 anni e di un’anzianità contributiva non inferiore a 38 anni.
Con Quota 41, invece, la pensione di vecchiaia verrebbe abolita per permettere di andare in pensione a chi:
- ha raggiunto i 42 anni e 10 mesi di contributi, in caso di lavoratori uomini;
- ha raggiunto i 41 anni e 10 mesi, nel caso di donne.
Potranno allora accedere a Quota 41, a prescindere dalla età anagrafica, tutti i lavoratori che hanno diritto all’APE sociale e che prima dei 19 anni abbiano lavorato per almeno 12 mesi effettivi, anche non continuativi. Questi però dovranno aver maturato l’anzianità contributiva necessaria al 31 dicembre 1995.
Isopensione e contratto di espansione: le alternative a Quota 100
Fatte tutte le premesse del caso, è bene ricordare che dopo Quota 100 rimarranno attivi altri due strumenti di pensionamento anticipato. Si tratta, nello specifico, delle cd. prestazioni di accompagnamento alla pensione.
Isopensione: cos’è la prestazione di accompagnamento alla pensione
La prestazione di accompagnamento alla pensione viene erogata in favore dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. Hanno diritto alla cd. “isopensione” coloro che:
- hanno maturato i requisiti minimi contributivi e anagrafici per il diritto alla pensione (la più prossima tra anticipata o vecchiaia);
- risultano essere in possesso dei requisiti sopra elencanti entro 4 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
La prestazione, a totale carico del datore di lavoro, deve essere oggetto di accordi aziendali stipulati, nei casi di eccedenza di personale, tra i datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello aziendale.
La domanda di prestazione di esodo (isopensione) va sottoscritta dal lavoratore e dal legale rappresentante dell’azienda. L’accordo aziendale diviene però efficace a seguito di validazione da parte dell’Inps. Il valore della prestazione è pari all’importo del trattamento pensionistico che teoricamente spetterebbe al lavoratore al momento di cessazione del rapporto di lavoro. Da tale cifra va comunque escluda la contribuzione correlata che il datore di lavoro si impegna a versare per il periodo di esodo.
Contratto di espansione: requisiti e istruzioni
Il contratto di espansione si rivolge invece ai lavoratori che:
- hanno risolto il rapporto di lavoro;
- si trovano a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza utile per la pensione di vecchiaia o la pensione anticipata;
- sono dipendenti che hanno stipulato un contratto di espansione con l’azienda che stanno lasciando.
L’indennità mensile decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di risoluzione del rapporto di lavoro e viene corrisposta fino alla data di raggiungimento della prima decorrenza utile per la pensione. A disciplinare questo tipo di contratto è la circolare Inps n. 48 del 24 marzo 2021. La stessa fissa i requisiti richiesti alle imprese e le indicazioni per la stipula del contratto di espansione, subordinandolo alla sottoscrizione di un accordo tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali aziendali. Sarà il lavoratore, in un secondo momento, a manifestare la sua adesione. La cessazione del rapporto di lavoro si configura pertanto come una risoluzione consensuale.
Per quanto riguarda l’indennità mensile, questa farà parte dell’accordo sottoscritto. Nel “Modello di accreditamento e variazioni”, infatti, verranno indicati all’Inps: i requisiti per i lavoratori, le caratteristiche della prestazione, il programma annuale di esodo e le modalità di presentazione, da parte del datore di lavoro.