Scegliere tra una pensione più alta per il resto della vita o prendere un gruzzoletto subito, come fosse una sorta di buonuscita, è la scelta a cui sono chiamate alcune lavoratrici che andranno in pensione nel 2025. Per loro, è vero che la pensione si centra a 67 anni di età, ma in alcuni casi si aprono scenari molto allettanti. Alcune lavoratrici si trovano a dover scegliere. Noi adesso le guideremo in questa decisione.
“Salve, vado verso i 67 anni di età nel 2025. Sono stata una lavoratrice dipendente e da 4 mesi ho terminato di ricevere la Naspi dopo aver perduto il lavoro.
Pensione prima o pensione più alta? Ecco la guida alla scelta migliore
Per le donne, effettivamente, c’è da scegliere tra diverse vie di pensione di vecchiaia. A dire il vero, la misura è sempre la stessa, solo che apre a diverse variabili. Ma solo per le donne prive di contributi a qualsiasi titolo versati prima del 31 dicembre 1995 e solo se hanno avuto dei figli.
Chi non ha mai avuto figli, o chi ha iniziato a versare prima del 1996, o tutti gli uomini, non possono che andare in pensione a 67 anni di età e senza variabili.
Le lavoratrici contributive, invece, possono, una volta giunte a 67 anni con 20 anni di contributi, scegliere tra due diverse vie. I requisiti generali per la loro pensione sono:
- Almeno 67 anni di età;
- Minimo 20 anni di contributi versati;
- Iscrizione alla previdenza obbligatoria non antecedente al 1° gennaio 1996;
- Pensione alla data di liquidazione non inferiore all’assegno sociale.
Per le lavoratrici che nel 2025 rispettano queste condizioni, va detto che, in base ai figli avuti, potrebbero scegliere di recuperare fino a 16 mesi di pensione arretrata.
Ecco da dove parte la scelta e come funziona il meccanismo
Tutto parte da una vecchia normativa che richiama la riforma delle pensioni del 1996. Parliamo della legge Dini, che prevede uno sconto di quattro mesi per ogni figlio avuto sull’età pensionabile. Questa vecchia normativa è stata recentemente corretta dal governo Meloni, che ne ha potenziato i vantaggi.
Infatti, mentre in origine veniva previsto uno sconto massimo di 12 mesi alle lavoratrici con tre o più figli, nel 2025 sarà possibile andare in pensione sfruttando uno sconto massimo sull’età pensionabile di ben 16 mesi per le lavoratrici che hanno avuto quattro o più figli. Un vantaggio considerevole che di fatto permette di anticipare la pensione addirittura di un anno e quattro mesi rispetto all’età pensionabile dei 67 anni.
Alla luce di quanto detto, però, chi non ha sfruttato lo sconto per anticipare l’uscita può ora recuperare. Grazie al fatto che, con la domanda di pensione, le lavoratrici possono chiedere di ottenere una decorrenza anticipata, quelle nate nel 1958 possono andare in pensione a 67 anni recuperando tutti gli arretrati in base ai figli avuti.
In pensione nel 2025 a 67 anni: tra arretrati e pensioni maggiorate
Sono i 67 anni di età quelli che, secondo le norme oggi in vigore, permettono a un lavoratore di presentare la domanda di pensione di vecchiaia ordinaria. Va ricordato che servono almeno 20 anni di versamenti contributivi per poter rientrare in questo perimetro.
Nel 2025 sarà di poco superiore a 538 euro al mese, poiché questo è l’importo dell’assegno sociale previsto per il 2025, e chi è un contributivo a 360 gradi per andare in pensione di vecchiaia deve raggiungere questo importo.
Ecco i vantaggi sulla pensione di vecchiaia 2025 per le lavoratrici
Grazie ad alcune normative di vecchia data e a un recente intervento del governo Meloni nella Legge di Bilancio, per alcuni di questi contribuenti c’è la possibilità non solo di andare in pensione nel 2025 prendendo almeno 538 euro al mese, ma anche di recuperare diverse mensilità di pensione. Infatti, chi esce nel 2025 a 67 anni, se ha avuto dei figli, può ottenere:
- 4 mesi di arretrati se ha avuto un solo figlio;
- 8 mesi di arretrati con due figli avuti;
- 12 mesi di arretrati con tre figli avuti;
- 16 mesi di arretrati con almeno quattro figli avuti.
Questo avviene semplicemente indicando una decorrenza anticipata della pensione. In teoria, per le contributive con figli avuti, l’uscita con la pensione di vecchiaia può scattare a:
- 66 anni e 8 mesi se ha avuto un solo figlio;
- 66 anni e 4 mesi con due figli avuti;
- 66 anni con tre figli avuti;
- 65 anni e 8 mesi con almeno quattro figli avuti.
In pratica, chi nel 2025 arriva a 67 anni non ha sfruttato in passato le agevolazioni di legge che gli consentivano di andare in pensione prima (a 66 anni con 3 o più figli avuti, visto che i 4 mesi in più sono un recente inserimento dell’attuale governo Meloni).
Il calcolo della pensione e perché si può sfruttare quello migliore
Una cosa bisogna dirla però: andare in pensione spostando indietro la decorrenza ha i suoi contro, perché si ottiene un calcolo della pensione meno favorevole rispetto a quanto si poteva prendere normalmente a 67 anni di età. Il coefficiente di trasformazione del montante contributivo in pensione è più sfavorevole se si esce prima dal lavoro.
Per il 2025, questi coefficienti sono stati anche aggiornati e resi meno favorevoli per il biennio 2025-2026 rispetto a quelli validi nel 2023-2024. Quindi, ok agli arretrati, ma c’è da fare i conti con una pensione più bassa.
A maggior ragione se si considera che, sempre in base ai figli avuti, la stessa normativa del passato che offre lo sconto sull’età pensionabile offre in alternativa un miglior calcolo della pensione. Così, uscendo a 67 anni di età in presenza di figli, la pensione verrebbe calcolata nel seguente modo:
- con il coefficiente dei 68 anni per le lavoratrici con uno o due figli avuti;
- con il coefficiente dei 69 anni per le lavoratrici con tre o più figli avuti.
Ecco le regole di calcolo delle pensioni
Per capire di cosa parliamo e che genere di calcolo bisogna fare per vedere se conviene la prima soluzione o la seconda, ovvero se è meglio prendere gli arretrati piuttosto che una pensione più alta, partiamo dai coefficienti. Dal momento che parliamo di lavoratrici che sono prive di versamenti prima del 1996, il calcolo del trattamento avviene con il sistema contributivo.
Questo significa che tutti i contributi versati durante la carriera finiscono nel montante contributivo che, al momento della pensione, è prima di tutto rivalutato al tasso di inflazione e poi moltiplicato per questi coefficienti. Questi coefficienti sono tanto meno favorevoli quanto più giovane si esce dal lavoro. Nello specifico delle pensioni di vecchiaia con le età variabili da 65 a 69 anni, i nuovi coefficienti sono:
- 65 anni di età: 5,250
- 66 anni di età: 5,423
- 67 anni di età: 5,608
- 68 anni di età: 5,808
- 69 anni di età: 6,024
Un esempio pratico che aiuta le lavoratrici a scegliere per il meglio
Per meglio comprendere il tutto, prendiamo ad esempio una lavoratrice come quella del quesito. Che a 67 anni dovrebbe prendere, in base alle simulazioni INPS, 600 euro al mese di trattamento. Una cifra superiore all’assegno sociale e quindi diritto alla prestazione garantito. Ma a 67 anni, se ha avuto 3 figli, avrebbe diritto a un calcolo del trattamento come se l’uscita fosse a 69 anni.
Il montante, anziché moltiplicato per il 5,608%, sarebbe moltiplicato per il 6,024%, portando la pensione da 600 euro al mese a 648 euro al mese. Se l’interessata sceglie la via degli arretrati dai 66 anni, la pensione scenderebbe a 584 euro al mese, ma con il primo rateo ci sarebbero anche circa 7.600 euro di arretrati.
Ciò che si prende di arretrato, rinunciando a una pensione più alta, equivale a circa 13 anni di ammortamento. In pratica, dopo 13 anni, la lavoratrice che ha scelto di prendere gli arretrati rinunciando a una pensione più alta, inizia ad andare in perdita.