Quando si parla di pensione, uno degli argomenti più caldi è quello relativo all’importo dell’assegno pensionistico che un lavoratore percepirà. Le regole di calcolo dell’attuale sistema pensionistico sono ormai praticamente quasi tutte indirizzate verso il metodo contributivo. Ciò non vuol dire che non ci siano ancora lavoratori che hanno diritto a un calcolo più favorevole che è quello precedente l’entrata in vigore del sistema contributivo. Parliamo naturalmente del calcolo retributivo. Tanti lavoratori hanno diritto al calcolo misto, in parte retributivo e in parte contributivo.
E’ utile chiarire che il calcolo retributivo per la pensione è il più favorevole per il pensionato. E ci sono lavoratori che ci chiedono come possono fare a evitare di subire un pesante calcolo contributivo della prestazione nonostante abbiano iniziato la carriera prima del 1996. Perché il calcolo più favorevole dipende da quando si sono versati i contributi, e in che misura.
“Gentile redazione, mi chiamo Matteo e ho un dubbio da proporvi oggi per la vostra rubrica. Sto per andare in pensione dal momento che ho compiuto 67 anni di età lo scorso 20 maggio. Ho circa 32 anni di contributi versati, ma non capisco bene perché il mio patronato mi ha detto che avrò un calcolo di pensione penalizzante perché quasi tutto con il sistema contributivo. Io però ho iniziato a lavorare nel 1990 e quindi se non erro rientro nel sistema misto. Cosa significa che avrò una pensione calcolata quasi tutta con il sistema contributivo?”
Le differenze tra calcolo retributivo e contributivo della pensione
Prima di rispondere al nostro lettore, anticipandogli già che probabilmente il suo patronato ha pienamente ragione nel sottolineare come la sua pensione sia quasi tutta contributiva, bisogna capire le differenze tra i due sistemi. Senza voler entrare nello specifico delle regole di calcolo. Perché tra coefficienti, rivalutazione, retribuzioni degli ultimi anni di stipendi e così via dicendo, può essere abbastanza complicato da capire per i non addetti ai lavori.
Vediamo quali sono le differenze evidenti tra i due sistemi pensionistici.
Il sistema retributivo è di fatto il sistema con cui sono state calcolate le pensioni degli italiani in maniera praticamente generalizzata fino al 1995. Infatti, con la
riforma Dini nel 1996 entrò in funzione il sistema contributivo. Il sistema retributivo calcolava le pensioni basandole sugli ultimi anni di retribuzione. Il sistema contributivo invece calcola le pensioni in base ai contributi che durante l’attività lavorativa un lavoratore ha versato. Questi contributi vengono accumulati in una specie di salvadanaio che si chiama montante contributivo.
Quando è il momento di andare in pensione e quindi di aprire il salvadanaio, tutti i contributi versati sono rivalutati al tasso di inflazione anno dopo anno in base alla data di versamento e vengono passati per dei coefficienti di trasformazione. Questi coefficienti sono variabili in base all’età di uscita del lavoratore. Più anziano va in pensione un lavoratore più favorevole è questo coefficiente.
Dal retributivo al contributivo passando per il sistema misto
Il sistema contributivo fu varato per rendere il meccanismo di calcolo delle pensioni quanto più equo possibile. E, in effetti, nulla si può obiettare a questa considerazione. Soprattutto dal momento che una pensione calcolata in base a ciò che un lavoratore ha messo da parte durante la sua carriera non può che essere equa rispetto al metodo retributivo. Perché il metodo precedente esponeva il sistema a delle pratiche, anche se lecite, poco ortodosse.
Facciamo riferimento a quanti in passato riuscivano ad avere degli scatti di carriera con degli aumenti di retribuzione piuttosto elevati negli ultimi anni di lavoro. Una strada utilizzata in modo tale da far incrementare la pensione futura. Che saliva nonostante i contributi versati durante la vita lavorativa non fossero elevati.
Questa prassi con il metodo contributivo non ha più senso di esistere dal momento che la pensione è calcolata effettivamente su quanto versato. E con l’ingresso della legge Fornero, molto cambiò.
Infatti si stabilì che le pensioni dei lavoratori che hanno maturato 18 anni di contributi fino al 1996, avevano diritto al calcolo retributivo della prestazione fino al 31 dicembre 2011. Una specie di salvaguardia per chi aveva lunghe carriere in epoca retributiva. Per tutti gli altri invece la pensione è calcolata con il retributivo fino al 1995. E di conseguenza quello contributivo e quindi penalizzante, per tutti gli altri anni fino alla data di uscita dal lavoro.
Pochi anni retributivi, pensione inevitabilmente tagliata
Tornando al quesito del nostro lettore è evidente che egli si trova in una condizione che gli permette di avere un calcolo della pensione non con il contributivo soltanto, bensì con il metodo misto. Infatti, per i contributi versati dal 1990 al 1995, il nostro lettore avrà diritto al calcolo retributivo. non avendo 18 anni di contributi versati al 1996, il calcolo retributivo più favorevole gli spetta soltanto fino al 31 dicembre 1995.
È evidente che la maggior parte della carriera il lettore l’ha svolta in epoca contributiva e pertanto dei 32 anni di contributi che ha, almeno 27 anni sono contributi che genereranno una pensione calcolata con il solo metodo contributivo. Il patronato del nostro lettore quindi ha ragione, anche se forse gli ha fatto capire male le cose dal momento che si parla di penalizzazione. Il nostro lavoratore non è penalizzato in termini di assegno pensionistico. Perché questo è quello che effettivamente è spettante. E nulla si può fare per ovviare a questa regola di calcolo che ricade sul nostro lettore, perché i periodi di lavoro di cui lui ci parla sono ben definiti nelle epoche di versamento.