I lavoratori non maturano il diritto alla pensione nella stessa misura. Almeno per quanto riguarda l’età pensionabile, così come previsto dalla legge.
In teoria i requisiti previsti dalla riforma Fornero per andare in pensione interessano tutti i lavoratori indistintamente. Ma in particolare le ingiustizie si verificano soprattutto nel settore pubblico che non prevede scivoli come nel settore privato.
In pensione a 64 anni, chi ci può andare veramente
Ma veniamo al punto. In base alla regole Fornero riferite al sistema contributivo puro, all’atto pratico, emergono profonde differenze.
Una delle condizioni per poter accedere alla pensione a 64 anni è quella di percepire di un importo non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale (1.308 euro al mese per il 2022). Cifra che, a conti fatti, premia chi durante la carriera lavorativa ha versato molti contributi.
Una legge che taglia fuori, quindi, tutti coloro che non possono vantare carriere dirigenziali o caratterizzate da stipendi alti. Il vincolo di 2,8 volte l’assegno sociale è infatti stato messo proprio per tagliare fuori la massa e gettare fumo negli occhi.
Un esempio pratico: insegnanti e presidi
Un esempio chiarirà meglio l’ingiustizia. Un insegnante che ha iniziato a lavorare nel 1996 e nel 2022 volesse andare in pensione a 64 anni, non raggiungerebbe i requisiti richiesti. Nemmeno se riscattasse in maniera agevolata 5 anni di università prima del 1996.
Con 30 anni di contribuzione avrebbe, infatti, un monte contributivo pari a 280 mila euro che darebbe luogo a una pensione pari a 14.200 euro circa. Insufficiente per la soglia della legge Fornero che richiede una pensione minima di oltre 17 mila euro.
L’insegnante dovrà quindi aspettare altri 3 anni prima di poter andare in pensione. Al compimento dei 67 anni di età, il vincolo di 2,8 volte l’assegno sociale si abbassa infatti a 1,5.
Per converso, un dirigente scolastico, che percepisce una retribuzione media due-tre volte superiore rispetto a quella dei docenti, avrebbe diritto ad uscire a 64 anni. Per i presidi, infatti, a parità di anzianità contributiva e con alle spalle una decina di anni di versamenti come dirigente, la pensione arriverebbe prima.
Il ragionamento ovviamente non vale solo per la scuola, ma riguarda tutti i lavoratori e rende l’idea di quanto ingiusta sia la riforma Fornero. Spalanca le porte al pensionamento anticipato ai più forti, mentre penalizza i più deboli.