Lavorare per oltre 40 anni e finalmente andare in pensione. Questa è la via che un lavoratore deve perseguire in Italia, una via tortuosa dal momento che specie adesso lavori duraturi e carriere lunghe non sono certo la cosa più facile da trovare. Precariato, disoccupazione, crisi economica e aziende in grave condizione finanziaria sono i problemi che oggi il mondo del lavoro presenta. Ma chi ha iniziato a lavorare da giovane ha delle possibilità maggiori. Perché forse ha già accumulato la carriera giusta per lasciare il lavoro.
“Buonasera, sono un lavoratore di 59 anni la cui carriera è iniziata nel 1970, cioè a 16 anni. Qualche mese da apprendista e poi via con il lavoro in diverse aziende ed in diversi settori. Avendo iniziato a lavorare così presto, quali sono le misure che potrei sfruttare per anticipare la mia pensione?”
Lavoro precoce e pensioni, il connubio porta alla quota 41
Come anticipato in premessa, si tende a considerare come lavoratore precoce chi ha versato contributi ed ha lavorato prima dei 18 anni di età. Esiste una concreta possibilità di anticipare la pensione per chi si trova in queste condizioni. La via è quella della quota 41 per i precoci. Infatti esiste la misura che consente a determinate categorie di lavoratori, di anticipare l’uscita dal lavoro di qualche anno rispetto alle pensioni anticipate ordinarie. Per capire bene il vantaggio, niente di meglio che spiegare i requisiti della pensione anticipata ordinaria e di questa quota 41. La pensione anticipata ordinaria si centra con:
- 42,10 anni di contributi versati per gli uomini;
- 41,10 anni di contributi versati per le donne;
- 35 anni di contribuzione effettiva a prescindere dal genere;
- nessun limite di età;
- finestra di tre mesi per la decorrenza della prestazione.
La quota 41 per i precoci invece prevede:
- 41 anni di contributi versati sia per donne che per uomini;
- 35 anni di contribuzione effettiva a prescindere dal genere;
- nessun limite di età;
- finestra di tre mesi per la decorrenza della prestazione;
- un anno di contributi completati anche in maniera discontinua, prima di compiere i 19 anni di età.
Non tutti possono andare in pensione con quota 41 anche se precoci
La misura conosciuta come quota 41 e che attualmente è in vigore è quella destinata ai precoci che appartengono a determinate categorie.
- caregiver;
- invalidi;
- disoccupati;
- lavoro gravoso.
Per i caregiver è necessario aver iniziato ad assistere un parente stretto disabile e convivente, da almeno 6 mesi prima di poter andare in pensione con la quota 41. Agli invalidi, invece, serve almeno il 74% di invalidità certificata. Ai disoccupati è richiesto di aver completato da almeno 3 mesi la fruizione della Naspi per l’intero periodo. Infine chi svolge un lavoro gravoso deve averlo fatto da almeno 6 degli ultimi 7 anni o da 7 degli ultimi 10. E le attività da svolgere come lavoro gravoso sono:
- conciatori di pelli e pellicce;
- addetti ai servizi di pulizia;
- facchini;
- camionisti;
- conducenti dei treni (macchinisti) e personale ferroviario viaggiante;
- conduttori di gru o macchinari per la perforazione nelle costruzioni;
- infermieri o ostetriche di sale operatorie e sale parto;
- educatori e maestri di asilo nido e scuola dell’infanzia;
- edili;
- operatori ecologici;
- badanti professionali;
- lavoratori marittimi;
- pescatori;
- operai agricoli;
- siderurgici.
Sono questi i lavoratori che potranno andare finalmente in pensione una volta raggiunti i 41 anni di contributi ed una volta rispettate le condizioni prima citate sia come precoci che come lavoro gravoso.
Finalmente in pensione, ecco la strada più facile per chi ha lavorato da giovane
Altri vantaggi per i lavoratori precoci esistono, anche se a dire il vero saranno sfruttabili in futuro da chi oggi è ancora lontano dalla pensione. Parliamo della maggiorazione contributiva e dei lavoratori privi di versamenti al 31 dicembre 1995. Per esempio, chi non ha versato contributi prima del 1996 non può sfruttare la quota 41 per i precoci prima citata. Ma ha diritto ad una maggiorazione contributiva che potrà tornare utile in futuro. La distinzione tra contributivi e retributivi nasce con la riforma Dini che introdusse nel sistema pensionistico italiano il sistema contributivo. Ed è proprio alla riforma Dini che si deve il varo di questa maggiorazione contributiva che i soggetti privi di versamenti in epoca retributiva possono sfruttare.
Cosa ha stabilito la riforma Dini
L’agevolazione infatti nasce con l’articolo 1 comma 7 della legge 335 del 1995, meglio conosciuta come riforma Dini. L’articolo prevede un incremento del 50% della contribuzione versata dai contributivi puri per i periodi lavorativi svolti prima del compimento dei 18 anni di età. Significa che per esempio il nostro lettore se ha lavorato da 16 a 18 anni, cioè per 3 anni, maturerà 4 anni e 6 mesi di contributi validi per le pensioni. Naturalmente parliamo di pensione futura. Non può esistere per limiti matematici un lavoratore che non ha contributi prima del 1996, che oggi abbia già raggiunto i 42 anni e 10 mesi di contributi (anche se consideriamo la maggiorazione). Resta il fatto che un lavoratore come il nostro lettore, potrebbe pensionarsi in futuro lavorando 18 mesi meno dei 42 anni e 10 mesi previsti dalla pensione anticipata ordinaria.