Pensione vecchiaia: nel 2025 non basterebbero più 20 anni di contributi

Sul tavolo delle pensioni arriva ipotesi di pensione di vecchiaia a 67 anni ma potrebbero non bastare 20 anni di contributi
5 mesi fa
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riforma pensione vecchiaia
Foto © Investireoggi

Il panorama previdenziale italiano è in fermento da diversi anni alla ricerca della definitiva riforma pensioni. Una riforma che non arriva. Il governo continua a lavorare solo su mini-riforme per scongiurare il ritorno completo alla Legge Fornero. Bisogna trovare le risorse di copertura ma, a quanto pare, le casse dello Stato non sono in buone acque da questo punto di vista. Quindi, si cerca solo di tamponare.

Una dimostrazione lo sono le diverse soluzioni che si sono susseguite in questi anni.

Su tutti il c.d. sistema delle Quote. Basti pensare a Quota 100 (pensionamento con 62 anni di età e 38 anni di contributi). Spirata al 31 dicembre 2021 (dopo soli tre anni di esistenza) è sopraggiunta Quota 102. Per quest’ultima, un solo anno di vita. Il 2022. In partitica chi, in detto anno, ha maturato 64 anni di età e 38 di contributi, può andarsene in pensione. Ora da due anni (2023 e 2024) c’è Quota 103, ossia il pensionamento anticipato con 41 anni di contributi e 62 anni di età. A queste forme di flessibilità pensionistica, si aggiungono Opzione donna e Ape sociale.

Restano sempre la pensione di vecchiaia, con 67 anni di età e 20 di contributi (ovvero 15 con la c.d. deroga Amato) e la pensione anticipata ordinaria 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, indipendentemente dall’età.

Pensione vecchiaia 2025 con 5 anni in più di contributi?

Se non si trovano altre soluzioni, dunque, dal 2025 c’è la legge Fornero che torna senza che nessuno la cancelli da anni.

Ci vuole provare il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), sotto la guida di Renato Brunetta che sta per presentare un documento preliminare entro luglio, seguito da una proposta di legge a ottobre, mirata a rivedere l’intero sistema pensionistico.

Tra le principali ipotesi allo studio, vi è un ritorno allo schema della Legge Dini, che introdurrebbe una maggiore flessibilità in uscita per i lavoratori, con un’età pensionabile che va dai 64 ai 72 anni.

Ma la novità più importante potrebbe interessare la pensione di vecchiaia. Potrebbero non bastare più 67 anni di età e 20 d contributi. Si pensa a lasciare inalterata l’età anagrafica ma ad aumentare di 5 anni il requisito contributivo. Dunque, non più 20 anni di contributi, ma 25 anni. In alternativa, si potrebbero chiedere 67 anni di età e un importo pensionistico pari a 1,5 volte l’assegno sociale.

Servono soldi per la riforma

Il nuovo schema della riforma Cnel prevedrebbe nove scaglioni di età per andare in pensione, con incentivi economici per chi decide di posticipare l’uscita dal mondo del lavoro. Più tardi si sceglierebbe di andare in pensione, maggiore sarebbe l’importo dell’assegno pensionistico. Un sistema questo che mirerebbe a bilanciare le esigenze di sostenibilità finanziaria con quelle dei lavoratori, offrendo una maggiore libertà di scelta.

Un fattore cruciale da considerare, prima di giungere ad un risultato, è la limitatezza delle risorse economiche dello Stato. Con un bilancio pubblico sotto pressione, ogni proposta di riforma deve essere attentamente valutata in termini di sostenibilità finanziaria. Il governo si trova quindi a dover bilanciare le necessità di riforma con la realtà delle casse statali, cercando soluzioni che possano garantire una maggiore equità e flessibilità senza compromettere la stabilità economica del paese.

Le proposte in esame rappresentano solo un tentativo significativo di modernizzare il sistema pensionistico italiano, rendendolo più flessibile e adatto alle esigenze dei lavoratori di oggi.

In attesa dei documenti ufficiali del Cnel, previsti per luglio, e della proposta di legge di ottobre, il dibattito sulla pensione vecchiaia 2025 continua a essere al centro dell’attenzione. Le decisioni prese nei prossimi mesi saranno cruciali per definire il futuro del sistema previdenziale italiano, cercando di conciliare le esigenze dei lavoratori con le capacità economiche dello Stato.

Riassumendo

  • il governo lavora su mini-riforme pensionistiche per derogare la Legge Fornero
  • il Cnel presenta un documento preliminare a luglio e una proposta di legge a ottobre
  • ipotesi di pensione flessibile dai 64 ai 72 anni, superando il sistema delle Quote
  • nuovo schema: pensione a 67 anni con 25 anni di contributi o 1,5 volte l’assegno sociale
  • nove scaglioni di età con incentivi per posticipare la pensione
  • sfida economica: riforme devono essere sostenibili finanziariamente.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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