Risolta la questione Quirinale, torna d’attualità il tema della riforma pensioni. Il governo Draghi resterà al suo posto e la legislatura probabilmente terminerà a scadenza naturale nel 2023.
Il rischio elezioni anticipate è stato fugato con la rielezione di Mattarella a Capo dello Stato e tutto procederà così come imbastito da Draghi. Anche in tema di riforma pensioni. Un bene o un male?
Riforma pensioni, riprendono le trattative
Per alcuni un cambio della guardia a palazzo Chigi avrebbe potuto aprire nuovi fronti di trattativa per la riforma pensioni.
Pertanto, la via per una riforma delle pensioni che scavalli le regole Fornero resta stretta. Molto stretta. Il premier, pur rendendosi disponibile a trattare coi sindacati sulle varie opzioni, è intransigente sugli scostamenti di bilancio. In altre parole, l’impianto pensionistico attuale può essere modificato solo se finanziariamente sostenibile.
Cosa significa questo? In pratica lo Stato non interverrà più facendo altro debito per riformare le pensioni come avvenuto finora. La fine di quota 100 o il mancato rinnovo di essa ha segnato una netta demarcazione col passato che ci fa intuire come potrebbero essere le pensioni future.
Uscita anticipata solo con penalizzazione
A breve si terrà un nuovo incontro fra Ministro del lavoro e sindacati per definire il quadro della riforma pensioni 2023. Ma già si capisce che saranno introdotti dei tagli per chi decidesse di ritirarsi prima del tempo.
La formula dovrebbe ruotare su un pensionamento anticipato, alternativo ai requisiti ordinari (in pensione a 67 anni di età) a partire dai 64 anni di età. E più si anticipa l’uscita maggiore sarà la penalizzazione che il lavoratore dovrà subire.
E’ ancora presto per sapere come e quanto si perderà andando prima in pensione, ma un concetto pare abbastanza chiaro: il governo intende agire sul calcolo retributivo per contenere la spesa pensionistica.